È la solita, vecchia, anzi ormai stantia querelle… che si festeggia, sempre che di festa si possa davvero parlare, la notte del 31 ottobre?
Ognissanti, celebrazione cattolica, un tempo importante. Anzi fondamentale, visto, tra le altre cose, che lo stesso Manzoni le dedica uno dei suoi Inni Sacri. Che avrebbero dovuto essere dodici, anche se, poi, mai portò a compimento l’opera.
Dodici. Le dodici Feste che, nel Calendario Romano, rappresentano gli assi della comunicazione fra il tempo dell’uomo e quello di Dio. I momenti dell’anno in cui il tempo ordinario si sospende, e si sperimenta il Tempo Cosmico. Concezione propria della filosofia greca: Kronos armato di falce. Che tutto consuma, erode, uccide. Kronos il cui etimo richiama il Corvo. Che si pasce di cadaveri.
E Aiòn. Il piano della durata. Anzi della perpetuità. Dove non vi è passato e non vi è futuro. Solo un perenne presente. L’essere. Che non diviene perché è.
Parmenide, per semplificare.
La liturgia, il tempo liturgico a questo serviva e dovrebbe servire. A fare irrompere il tempo cosmico in quello ordinario. Purificandolo. Come i fiumi che Eracle devia per pulite le stalle di Augìa.
Samahin è festa ancora più antica. Di origine celtica, certo. Ma trova corrispondenze nella tradizione romana e in quelle di altri popoli e culture.
Veniva celebrata quaranta giorni dopo l’equinozio. Quando, ormai, è palese e netto il declino del Sole verso i regni inferi. E l’allungarsi delle ombre sulla terra.
Le porte tra il regno dei viventi e quello dei defunti venivano spalancate. E i trapassati giungevano a rendere visita ai discendenti.
Un legame profondo, che significava la tradizione di una famiglia. Di un clan. Di un intero popolo.
I riti evocavano e scongiuravano. Perché andavano invitati alla mensa gli spiriti benevoli. E allontanati quelli ostili. Le zucche di Halloween – per altro derivate da una tradizione veneta – serbano ancora un elemento di questa funzione. Apotropaica.
E veniamo ad Halloween. Che altro non è che sintesi delle due Feste. Quella pagana di Samahin, quella cristiana di Ognissanti.
Ma è una sintesi corrotta. Inevitabilmente, visto che è totalmente andato perduto il senso del Sacro, che, nelle altre, un tempo era ben vivo. E cosciente.
Ed è, certo, vero che Halloween altro non è, oggi, che una sorta di macabra carnevalata. Un’americanata, dicono in molti e non senza ragione. Dove, al massimo, si può salvare il divertimento dei bambini. Non certo l’allegria forzata degli adulti, che inseguono fantasie trasgressive di bassa lega.
Ed è, soprattutto, una festa commerciale. Sfruttata per ragioni economiche. In sostanza, una cosa abbastanza triste.
Ma la colpa, scusatemi, non è di Halloween, né dei festaioli che imitano i loro omologhi statunitensi.
La colpa è di chi avrebbe dovuto mantenere vivo il significato sacrale della ricorrenza.
E che non è stato capace di farlo. Perché non più in grado di anche solo concepire il Sacro.
E così la Festa è stata infeudata dagli interessi economici, dalle pulsioni erotiche più o meno pruriginose e distorte. Dalle velleità e dalle fantasie morbose.
Quando (anche solo) si sfiora la sfera del Sacro, si deve tenere ben presente una precisa realtà. E regola.
Non esistono contenitori vuoti che possano venire abbandonati nella discarica delle vecchie credenze e fedi.
Se tu dimentichi il significato di una cosa, di una Festa, di un rito, questo non scompare, perché non è cosa tua. Esiste di per sé, e continua ad esistere. Solo che vi è subito qualcosa che viene a riempire il vuoto che hai lasciato.
E quel qualcosa è, nella migliore delle ipotesi, acqua sporca.
Quindi niente anatemi contro i festeggiamenti di Halloween. Perché, pur in modo fanciullesco o addirittura sordido, servono a ricordarci una cosa.
Ciò che abbiamo perduto. O meglio ciò cui abbiamo, colpevolmente, abdicato.
Ed ora, scusatemi… devo preparare la cesta con le caramelle per i piccoli fantasmi, streghe, diavoletti che verranno a bussare alla mia porta.
Dolcetto o scherzetto