Arianna Fontana contro la federazione degli sport del ghiaccio e contro alcuni suoi compagni di squadra; Ninna Quario, madre di Federica Brignone, contro Sofia Goggia; Matteo Marsaglia contro il direttore sportivo Massimo Rinaldi che gli avrebbe chiesto di fingersi malato per lasciare il posto a Mattia Casse. In fondo non ha importanza capire chi ha ragione e chi ha torto. È molto più importante capire perché il mondo degli sport invernali sia così lacerato a fronte di risultati tutt’altro che disprezzabili. Anche se, in realtà, non mancano le ombre anche sotto l’aspetto meramente sportivo.
Troppa politica, probabilmente, come lamentano alcuni atleti. Ed a questo si somma, inevitabilmente, la voglia di primeggiare di chi affronta non pochi sacrifici per emergere in gara. E magari vorrebbe che questi risultati non venissero esaltati solo per pochi giorni durante le Olimpiadi ed i Mondiali o al termine delle gare di Coppa del Mondo.
Probabilmente è inevitabile che la competitività spinta ai massimi livelli porti anche a rivalità esasperate all’interno delle squadre. Gli atteggiamenti da “prima donna”, anche in ambito maschile, non sono certo una novità. Ed è a quel punto che dovrebbe intervenire la federazione. Ma per farlo dovrebbe avere una sufficiente credibilità. A livello di allenatori, di dirigenti delle singole federazioni, di vertici del CONI. Le passerelle con presidenti della repubblica o del consiglio non servono a migliorare il clima della squadra ma solo a vellicare il narcisismo dei vertici supremi.
Poi, certo, si festeggia l’oro inaspettato nel curling, ma si dimentica che l’Italia è sparita dal bob, si aggrappa a pochissimi atleti di alto livello nel fondo, ha un solo campione di slittino. Tutte discipline che, in passato, garantivano medaglie in quantità. E si possono aggiungere altre gare in cui non si è protagonisti, come il trampolino.
Ovviamente non si può pretendere che Mattarella abbia competenze sportive, o che Sua Divinità Mario Draghi conosca i problemi delle singole federazioni. Però chi li circonda dovrebbe provare ad informarsi. Invece niente. Tanto ci pensano i media di regime a taroccare la realtà. Ed a spacciare per sistema sportivo d’avanguardia ciò che, invece, è un semplice exploit di qualche individualità vincente. Il simbolo di questo travisamento della realtà, un travisamento in assoluta malafede, è l’oro conquistato nel curling di Constantini e Mosaner. Un clamoroso successo di due atleti che non sono la punta dell’iceberg di un movimento in crescita esponenziale ma sono due eccezioni individuali di uno sport pochissimo praticato.
Però Malagò non perde occasione per pavoneggiarsi. Tacendo sulle liti nelle diverse federazioni, sui problemi legati agli impianti, sui tecnici inadeguati. Sui trampolini olimpici abbandonati, sulla pista di bob lasciata andare in rovina, sui palazzetti del ghiaccio destinati a qualsiasi altra attività. Una coltre di silenzio per non disturbare i trionfi di Malagò celebrati al Quirinale o a Palazzo Chigi.