Ha ragione il Goya: i mostri dell’irrazionalità esistono. Sono usciti dall’angoscia pandemica per dilagare, poi, nel terrore bellico. Prima tutti ventriloqui del potere nell’operazione di addomesticamento di massa, poi prestigiatori delle strategie politico-militari.
Questi ultimi si sono trovati in buona compagnia trasversale: dalla sinistra filo-Nato – un tempo russofili ma, come ha detto qualcuno, ora filoamericani perché pagano di più – alla romantica e onanista destra, alla quale basta una runa, una croce uncinata e un saluto romano per godere come un riccio a fine letargo.
Della prima, nessuna meraviglia. Che i compagni sostengano gli yankees mi sembra doveroso: senza il loro intervento e con il supporto della mafia i partigiani sarebbero ancora nascosti tra le montagne come il giapponese nelle Filippine senza la motivazione onorevole di quest’ultimo. Ogni servo è devoto al padrone che lo ingrassa e lo finanzia.
La cosa fastidiosa è il comportamento di certa destra – termine equivoco, ma necessario alla comprensione generale.
Taluni personaggi, con un’arroganza fastidiosa associata ad una supponenza irritante, peraltro condita da una buona dose di maleducazione e di volgarità, si sono scatenati nel liquidare i sostenitori di Putin come se fossero un insieme di mentecatti e di incompetenti. In un colpo solo hanno provato a demolire onorevoli studi di geopolitica e di simbolica, appiattendosi su tesi meramente sociologiche ed economiche. Nulla vale, per loro, il confronto con esponenti del pensiero anticonformista, né le testimonianze dirette dei conoscitori della questione russa, neppure i documenti storici di chiarimento degli avvenimenti in corso. Saliti sull’altare dell’onniscienza, pontificano, distribuiscono patenti di attendibilità, emanano liturgiche scomuniche.
Quando parlano, poi, dell’eroismo di uno Zelensky disposto a morire coerentemente per l’idea potrei ricordare certi comportamenti assunti davanti all’ondata repressiva scatenatasi in Italia negli anni ‘80, ma non è nel mio stile colpire al fianco, né dare adito a possibili attacchi degli avversari.
Per questo motivo mi limito a brevi considerazioni di chiarimento.
Innanzitutto, Putin è stato il rianimatore dello spirito russo, e il comportamento assunto nella riabilitazione di uno zar e di Solgenitsin lo dimostra. Poi, Zelensky è un golpista di dubbia consistenza ideologica, ma certamente uomo degli americani e finanziato da precise agenzie globaliste. Lo stesso vale per le milizie che lo supportano e si sono dimostrate in otto anni un assemblaggio di sicari senza scrupoli. Infine, bisognerebbe tornare a Bombacci, agli scritti di Jean Thiriart, ai saggi di Dugin, alle parole di Lilin, magari anche a certe intuizioni di Limonov. In ogni caso un battesimo di umiltà, perché la storia non si fa con l’emozione del tifoso da stadio, ma con la lucidità e la spregiudicatezza dello studioso e del ricercatore.