Alba avvolta dalla nebbia. Un grigiore uniforme ed umido, che non lascia intravvedere alcuna aurora dalle dita di rosa… Oggi va così. Un colpo di coda dell’inverno alla fine di un febbraio, che, nei giorni scorsi, ci aveva già dato l’illusione della primavera.
La nebbia, insolita a Roma, quest’anno stranamente è più frequente. Come se la Natura volesse dire qualcosa. O rappresentare simbolicamente la condizione in cui viviamo. D’altro canto il Pascoli diceva, polemizzando con gli artifici dei francesi, che è l’oggetto naturale il simbolo più potente…

Come la nebbia, appunto. Gravida di presenze appena intuite. Eppure… inquietanti. Sagome di Giganti balzati fuori da una saga norrena.. Fantasmi. Draghi volanti delle leggende medievali, che sollevano la bruma col loro alito…
Fiabe, certo… che, però, mi rendono cara la nebbia. Perché mi permette di immaginare cosa celi dietro la sua coltre. Un po’ come la siepe leopardiana. Io nel pensier mi fingo…e diviene una sensazione di illimitata libertà. Spazi interminati, profondissima quiete… Sovrumani silenzi…
Tutte cose già dette e scritte. Da me, e da altri molto meglio di me. Comunque, per farla breve, amo la nebbia. Un po’ perché mi riporta alle mie terre. E alla mia giovinezza. E molto perché mi aiuta a pensare. Rappresenta infatti una metafora della condizione umana. Della nostra attuale condizione, sopratutto.
Perché è un po’ come se, ogni giorno, ci affacciassimo sul mondo che ci circonda. E non riuscissimo però a vederlo, in quanto avvolti dalla nebbia. Avvolti noi. Non il mondo. Il mondo è lì. Come sempre. E ci parla con le sue innumerevoli voci. Una turba di voci. O con il suo stesso, sovrumano, silenzio. Ma noi non vediamo e non sentiamo. Perché la nostra nebbia non lascia ormai filtrare più nulla. Eppure ci vantiamo di vivere nell’età dell’informazione per eccellenza. Costantemente connessi, costantemente aperti ad una quantità incredibile di informazioni. Con la possibilità di venire a sapere in tempo reale ciò che accade negli angoli più remoti del globo. Dal Myanmar al Burkina Faso. Senza che vi siano, di fatto, più autentici segreti. Perché tutto viene spiattellato. Tutto palesato e e svelato…
E forse proprio in questo sta il problema. La nebbia che ci avvolge e ottunde. La nebbia dell’assoluta, la più assoluta d’ogni tempo, ignoranza.

In fondo, viviamo in una sorta di versione globale di “La lettera rubata”. Uno dei racconti più geniali di Edgar Allan Poe. Le risposte, tutte, stanno lì. In bella mostra sulla scrivania. Ma nessuno le vede. Perché sulla scrivania ci sono troppe cose. E, sopratutto, perché le risposte, semplici, evidenti non le vogliamo vedere. Preferiamo i Fantasmi che la nebbia evoca nelle nostre menti. Che hanno, certo, ancor meno consistenza di quella che sto contemplando dalla terrazza. E che mi nasconde l’aurora.
Le notizie, tante, troppe, giungono rapide come ombre. E subito dispaiono
Biden ordina un bombardamento su basi filo – iraniane in Iraq… I dati dei nuovi contagi Covid in Italia…. Misterioso suicidio di un Gran Commis di Stato… Il rischio rappresentato dalle nuove varianti del virus… Assassinato l’ambasciatore italiano in Congo… Si renderà necessario un nuovo lockdown per evitare la terza ondata… Un alto diplomatico italiano in Africa si suicida con un sacchetto di nailon in testa… Secondo la Fondazione Gates, senza vaccini in Italia altri trentamila morti entro giugno… L’OMS dichiara che la pandemia è praticamente finita… Da lunedì nuovi chiusure. Ecco le zone rosse e arancioni…

Dite la verità, che avete capito?
Sì, lo so, è un gioco scemo. Però, rispondete, almeno a voi stessi. Che avete capito?
Cosa vi è restato in mente?
La risposta credo che sia persino troppo scontata…
Guardo ancora la nebbia del primo mattino. Comincia a diradarsi. Una luce pallida filtra finalmente. Basta avere pazienza. E non lasciarsi spaventare da forme vaghe. E inconsistenti.
1 commento
Nell epoca della dissonanza cognitiva,la “nebbia nella testa”diviene uno dei tanti sintomi conseguenza del virus,nuovo mantra-long covid-.
E la retorica celebrazione della Lentezza,che” scrittori e poeti”, fin da aprile scorso,si sono affrettati a sponsorizzare(tasche piene…),inficia il concetto stesso, lo fagicita e “normalizza”.
Il SILENZIO e l ATTESA ,le parole scelte per denominare “questa” raccolta di scritti,sono state quelle che per prime hanno colpito la mia attenzione,quella che risiede nel cuore.
E chi le ha scelte resta ben lontano dalla lingua omologata,dai nuovi barbari distruttori dall interno,da quelli che si proclamano anticonformisti,progressisti,
creativi…quando la voce delle avanguardie coincide con quella del sistema,allora il reazionario più ortodosso sará uomo in rivolta,in cerca di libertá.
Anche il Silenzio si insegna,ma è compito solo dei veri Maestri e, con la falsa lentezza, non ha nulla a che fare.
La nebbia può mostrarci,un po’come l arte,ciò che non vediamo con agli occhi,sospesi, senza tempo,dietro la finestra di una cella.