“Scusi prof. posso chiedere una cosa…prima che lei inizi la lezione?” gli occhi neri sorridono, maliziosi.
Già, siamo di nuovo all’ultima ora. Quella che finisce alle 15,15. Gentile lascito delle politiche sanitarie di un branco…lasciamo perdere. Per altro, la colpa è anche, anzi soprattutto, di quelli che hanno subito. E degli zelanti esecutori di ordini…
Non hanno voglia di fare niente…e d’altra parte…fuori splende un sole che sembra già estivo…e poi nell’intervallo delle 13,30 hanno mangiato…e molti non merendine…il Boro, tanto per fare un esempio, si è fatto una gamella di fagioli con le cotiche. “A fatte nonna…” mi ha grufolato tutto soddisfatto…
Comunque di sentirmi spiegare Leopardi, voglia zero. E allora, al solito, mandano avanti lei. Con quegli occhi. E quel sorriso accattivante, da impunita..
Sospiro
Dimmi.
Altro sorriso. E sollievo generale della classe.
“Ecco prof.pensavo una cosa… Lei cita spesso Omero…ma io mi chiedo, era veramente cieco?” quando si dice arrampicarsi sugli specchi…
Omero, ve l’ho sempre detto, è una figura che trascolora nel mito. Nella leggenda. Però sì. Nella tradizione è cieco…
” Ecco prof. mi chiedevo..ma come fa un poeta a non vederci? Cioè…come fa a descrivere le cose che non vede? I colori, le forme… la natura..le donne…” la guardo. Però, domanda meno banale di quanto sembrasse… Vediamo un po’…
Certo. Un Poeta cieco non vede…o, per lo meno, non vede con gli occhi. Che non è, però, l’unico modo di vedere…anche i ciechi vedono…in altro modo. E non necessariamente vedono peggio degli altri. Anzi.
“Ma con che vedono li cecati, proffe? Cor buco der…naso?” risate generali. Io fulmino il Boro con lo sguardo, ma è come acqua fresca. Vedo la glaucopide scuotere la testa. Sconsolata.
Continuo.
Nonostante la volgarità, non hai proprio sbagliato. Il cieco “vede” con gli altri sensi. Con l’udito. Con l’olfatto e il gusto. Con il tatto.
Ordinariamente, la vista pone in secondo piano, quasi ottunde, tutte le altre percezioni (ottunde: il coatto palestrato mi guarda con occhio basito. Mormora” otto cosa “. Scrolla il capo. E torna a fissare la mora…).
Nel cieco, invece tutte le altre sensazioni emergono prepotenti. E la sua poesia, se è un poeta, diventa qualcosa di straordinaria intensità…
“Ma a parte Omero, prof., ci sono stati mai poeti ciechi? Veri, intendo, non leggendari…”
Sì, ce ne sono stati. Uno dei più grandi del ‘900 ad esempio. Probabilmente il più grande in lingua spagnola. L’ argentino J.L. Borges. Era cieco. Ma, forse, nessuno come lui ha saputo evocare, ad esempio, l’atmosfera dei quartieri di Buenos Aires. O le distese de la pampa…
E poi c’è anche D’Annunzio…
“Ma proffe… Er D’Annunzio era orbo, mica cecato..”
Sì, era guercio. Aveva perso un occhio nella guerra, la prima, quella grande. E andava in giro ostentando una benda da pirata. Però bianca..
“Sempre er solito…e magari cuccava pure de più così conciato…” questa volta rido anch’io.
Poi…
Comunque, quando fu ferito, fu costretto a un periodo di convalescenza con entrambi gli occhi bendati. Al buio. In una casa di Venezia. Assistito da una giovane che chiama la Sirenetta…
“Ahò, manco così se ne faceva scappare una, eh?”
Beh, certo era D’Annunzio comunque. E poi nella tenebra, che lui descrive fiammeggiante per il bruciore della ferita, si accorse che tutti gli altri sensi si esaltavano. Erano divenuti…occhi. E scrisse così uno dei suoi libri più intensi. E belli. Il Notturno.
Che è un vero capolavoro. Sospeso tra prosa e poesia. Di una sensualità senza eguali. Nella descrizione del paesaggio, come della Donna.
Perché lì D’Annunzio comprese la ragione per la quale Omero doveva essere cieco. Perché solo così poteva descrivere il mare in tempesta, l’ira di Achille. La bellezza perfetta di Calypso… Solo attraverso gli altri sensi. Perché di tutto lui sentiva il profumo, il sapore, il suono…
“E pure il tatto, prof, con Calypso e le…altre? ” sempre maliziosa. Ma sorrido.
Certo, pure i polpastrelli, come dice D’annunzio, sono… occhi.
Suona la campanella. Ed esco