Nel cuore di Torino, nel bel mezzo di Piazzale Valdo Fusi, dove durante le olimpiadi invernali di Torino 2006 c’era Casa Canada, adesso sorge Open Baladin.
L’idea Baladin nasce nel 1986 a Piozzo, in provincia di Cuneo, come bar che proponeva birre di produzione artigianale tedesca e belga. Dopo svariati viaggi in Belgio, Teo Musso, colui che diventerà birraio di Baladin, decide di imparare a produrre la birra in maniera propria, tra lo scetticismo dei Mastri Birrai Belgi e la curiosità dei cittadini di Piozzo. Nel 1996 nasce ufficialmente il birrificio Baladin, tra i primi in Italia insieme con Turbacci, Lambrate, Beba e Birrificio Italiano. Dove sorgeva il birrificio adesso troviamo la storica birreria Baladin, che con il passare degli anni si è sviluppata arrivando nel 2010 ad aprire locali tra Cinzano, Saluzzo, Cuneo, Milano, Bologna, Roma e naturalmente Torino.
Il progetto Open nasce per diffondere la cultura della birra artigianale tra la massa, non solo le birre di Baladin, ma anche quelle dei migliori birrifici italiani.
Oggi ho avuto il piacere di intervistare i publican dell’Open Baladin di Torino, Christian Aladino Capodicasa e Nicolò Musso.
Simone: “Chistian, Nicolò, presentatevi ai lettori di Eleco Mag e raccontateci il vostro background prima di arrivare ad essere i publican di Baladin a Torino.”
Christian:
“Io nasco come barman mixology, ho vent’anni di lavoro nel settore alberghiero, comiciando da ragazzo nelle discoteche e arrivando a diventare responsabile di diversi locali della movida torinese tra Piazza Vittorio Veneto e Vanchiglia. Negli ultimi anni mi ero stufato di quel tipo di vita e ho deciso di evolvermi spostandomi nel mondo birraio e iniziando a scoprire le prime birre artigianali tra cui ovviamente Baladin ma soprattutto BrewDog e la loro Punk Ipa. Ho avuto la fortuna di essere assunto all’Open Baladin appena era stato aperto, così decisi di frequentare il corso di degustazione di Fermento Birra per avvicinarmi e conoscere ancora di più il mondo birraio.”
Nicolò:
“Io invece ho iniziato a lavorare all’Open Baladin quasi per caso; sono laureato come tecnico di radiologia ma purtroppo in quell’ambiente è difficile trovare lavoro, quindi ho chiesto a mio zio, il birraio di Baladin, se potevo lavorare come cameriere all’Open durante l’estate. Fortuna vuole che in una serata di necessità, sono finito a lavorare dietro il bancone. Ho avuto anche una piccola esperienza al birrificio al posto di mio fratello. All’inizio ero più un tappabuchi, conoscevo ovviamente le birre di Baladin, ma in maniera inconsapevole e non mi piaceva l’idea di stare dietro al bancone a spillare birre senza conoscerle bene. Sono fatto così: se le cose vanno fatte, vanno fatte bene. Così sono andato ad informarmi e a scoprire bene il prodotto Baladin.”
Simone: “In cosa consiste la figura del publican? Si tratta solo di fare il barista o c’è altro dietro?”
Nicolò:
“C’è tutto un lavoro dietro: non si tratta solo di riempiere il bicchiere e servirlo all’avventore di turno, quella è la parte finale di una serie di problematiche. Innanzitutto si tratta di capire cosa si vuole proporre al cliente e ovviamente conoscere il prodotto. Il mio lavoro consiste prevalentemente nel gestire una serie di fornitori e i loro rispettivi prodotti.”
Christian:
“Infatti io mi trovo molto bene con Nicolò perché lui si occupa di tutto il back, di tutta la parte nascosta, della vera gestione del locale, mentre per me si tratta di gestire e informare il cliente; purtroppo ci sono ancora clienti che ti chiedono la bionda, la rossa o la scura, questo perché nei prodotti commerciali, questi tre colori sono associati a tre tipologie di birre, ma nel mondo delle birre artigianali non è così semplice. Da parte mia si tratta di informarmi sul prodotto che vendo e soprattutto cercare di informare il cliente per poter vendere la birra più adatta al suo gusto. Inoltre mi occupo un po’ di più di fare public relation e di fidelizzare il cliente”
Simone: “Avete ben 38 spine. Come viene composta e gestita la vostra selezione?”
Nicolò:
“Avendo così tante spine bisogna trovare il giusto equilibrio, non ha senso avere cinque birre della stessa tipologia, una intercambiabile con l’altra, perché altrimenti mi trovo in una condizione dove metto in difficoltà me stesso, i miei colleghi e soprattutto i clienti. Prima di prendere un determinato prodotto ci devo pensare bene: la piazza di Torino è molto complicata, perché i clienti bevono un po’ di tutto, è un pubblico molto variegato anche se le birre Baladin che vendiamo di più sono la Isaac (sullo stile delle blanche), la Super (strong ale ambrata), la Nora (speziata con Kamut) e la Nazionale (prima birra con materie prime 100% italiane sullo stile belgina ale). Guai a non avere alcune tipologie di birre di Baladin, perché i clienti vanno in crisi, nonostante ci possano essere altre birre analoghe di altri birrifici, il cliente vuole quella specifica birra di Baladin. Normalmente un terzo delle spine è occupata da Baladin, mentre le restanti sono birre dei principali birrifici italiani e ultimamente ho iniziato a proporre delle birre di produzione artigianale straniera, soprattutto belghe viste le amicizie e il rapporto diretto di mio zio con certi birrai.”
Simone: “Come funziona il rapporto publican-cliente? Cosa bevono i clienti di Open Baladin?”
Christian:
“Spesso e volentieri i clienti si affidano a noi per la scelta della birra, e per fortuna si fidano, infatti dopo qualche tempo si viene a creare un rapporto di fiducia tra queste due figure. Tanti clienti che vengono per la prima volta, poi li vedi ritornare, ciò significa che qualcosa di buono è stato fatto, questo è un dato molto positivo. Ultimamente anche i “nerd” della birra si iniziano a fidare di noi, ci riconoscono delle capacità e delle competenze. Adesso siamo arrivati ad un momento storico del locale in cui si può osare un po’ di più, si possono proporre delle birre diverse e un po’ più di nicchia, ad esempio birre acide, salate, IPA con la frutta, NEIPA e delle Imperial Stout un po’ particolari ed aromatizzate. Avendo una crescita nelle vendite su determinate birre si può osare e si crea una situazione più interessante per il cliente, per quanto riguarda l’acquisto, e per me per quanto riguarda la vendita e la proposta di un prodotto di qualità. Cerchiamo di seguire un po’ la moda e al tempo stesso cerchiamo di essere i primi a proporre dei prodotti differenti, altrimenti venderemmo sempre le solite stesse cinque birre. Da parte mia si tratta di cercare di cambiare un po’ il modo di bere dei clienti, in particolari degli uomini, perché rimangono fedeli ad uno stile e non vogliono sperimentare nuove tipologie, mentre di contro le donne è difficile che abbiano uno stile di riferimento, quindi mi piacerebbe fidelizzarle su uno stile in particolare. Il mio compito come publican non è vendere la birra, quella si vende da sola; il mio compito è far sì che il cliente la beva soddisfatto.”
Simone: “Cosa c’è nel futuro di Open Baladin? Progetti e nuove idee?”
Nicolò:
“Innanzitutto a maggio dovremmo finalmente riuscire a installare un dehor, in modo da aumentare il numero dei coperti e dare possibilità ai clienti di godersi la primavera e l’estate torinese stando all’aperto gustando le birre che offriamo. Nel futuro c’è sicuramente l’idea di stimolare il cliente organizzando eventi, corsi di formazione, serate con i birrai, in modo che diventino degli appuntamenti fissi. In particolari i corsi vorremmo che fossero fruibili a tutti i clienti, infatti saranno corsi più accessibili a livello di contenuti o di costi. L’idea principale al momento è quella del “Salotto col birrario” perché credo sia un’idea che possa piacere al torinese, ma nonostante sembri una cosa semplice e banale, richiede parecchia organizzazione. Pian piano inizieremo a muoverci e questo senz’altro aiuterà anche a portare sempre più birrifici nuovi dentro il progetto Open.”
Simone: “Quanto è vero che il publican vende ciò che gli piace bere?”
Christian:
“Non è per niente vero, anzi questo è ciò che non bisogna fare. Bisogna imparare i tecnicismi perché una birra può essere fatta bene ma a me può non piacere. Quando consiglio una birra dolce e mi chiedono se la berrei, io rispondo di no, ma non perché non sia buona, ma perché a me non piace. La sincerità sulla birra ci deve essere sempre.”