Alcuni anni or sono il prode Marco Cimmino, imbucato alla cerimonia di premiazione dell’Acqui Ambiente, aveva ipotizzato la creazione del Premio Cippa, dedicato agli scrittori che in tutta la loro vita non avevano mai vinto nulla, appunto mai vinto una cippa.
A distanza di anni è stato Piersandro Pallavicini a trasformare l’idea cimminiana in un divertente libro pubblicato da Feltrinelli, “Nel giardino delle scrittrici nude”. Un romanzo la cui protagonista, una scrittrice di provincia che non vince mai un premio letterario, eredita una fortuna, si trasferisce in un palazzo nel centro di Milano e si inventa un premio destinato agli scrittori sfigati o sfortunati. O, molto più semplicemente, a quel 99% di scrittori escluso dai grandi premi ufficiali perché non fa parte dei salotti radical chic, delle camarille in cui si decide chi lanciare e chi promuovere non sulla base dei meriti e delle qualità ma solo in base all’appartenenza.
Pallavicini, presentato all’hotel de Champoluc da Francesco Deambrogi per l’ultimo appuntamento di Monterosa racconta, assicura che il “cattivo” del suo romanzo non è uno scrittore reale, ma un personaggio creato con la somma delle caratteristiche negative di vari letterati che occupano le varie trasmissioni pseudo culturali sulle reti Rai e private. Ma anche altre comparse del libro sono inventate, seppur con tic ed atteggiamenti ampiamente noti al pubblico ed ai membri delle varie giurie dei premi letterari. Avidi, arrivisti, alla continua ed ossessiva ricerca di visibilità oltre che di denaro.
Ovviamente la scrittrice diventata ricchissima crea il premio con la precisa intenzione di assegnarlo a chi non ha mai vinto nulla, ma dopo aver fatto partecipare ed illudere i grandi nomi del circuito dei soliti noti. D’altronde è chiaro a tutti che i vincitori dei due più noti premi italiani sono decisi dagli uffici stampa, dal marketing, dalle case editrici. Dunque è normale che anche la protagonista di Pallavicini si inventi votazioni inesistenti.
Un libro estremamente godibile, forse non per i frequentatori dei salotti politicamente corretti e desolatamente privi di qualità.