Il mattino d’inizio estate ha una sua, particolare, lucentezza. Ed è piacevolmente fresco. Effetto della grande pioggia di ieri. “Bomba d’acqua” hanno proclamato i telegiornali, ormai incapaci di dare una normale notizia senza enfatizzarla. E, sopratutto, senza comunicare una sorta di sordo panico….
In realtà è stata solo una giornata di pioggia. E di temporali.
Però la mattina è bella davvero. Luminosa, dicevo, anzi brillante di luci. E se non fosse vieta retorica parlerei della brezza lieve. E del cinguettio fra i rami….
È una di quelle mattinate in cui mi viene voglia di godermi l’aurora. In terrazza, facendo colazione. Con calma. Quella calma che, usualmente, manca, con l’affanno di portare mio figlio a scuola, di correre al lavoro… Ma oggi le aule sono vuote. Non per la minaccia Covid. Per le consuete vacanze estive. E quindi non è necessario ingurgitare in fretta e furia un cornetto al bar. Che non è far colazione, solo riempire lo stomaco.
Oggi la colazione posso farla davvero.
Già… Ma cosa mangiare? Apro dispensa e frigo. Uno spettacolo abbastanza deprimente. Non che sia un vuoto desolato come quando vivevo da solo. Anzi, è piena. Ma di biscotti, fiocchi, latte, tortine… Roba adatta ad un ragazzino, in sostanza. E che non mi ispira. Certo c’è la frutta, albicocche, uva anguria… Ma sinceramente avrei bisogno di maggior sostanza. Anche se il James Bond di Fleming fa colazione così… solo frutta fresca. E quanto a stare in forma…
Ma io stamattina ho fame. E allora, mi viene un’idea. Taglio tre, quattro grosse fette di pane casereccio, e le metto a tostare al forno. E traggo dal frigo un panetto di burro nuovo. Burro irlandese, giallo oro, bello grasso e per nulla raffinato. Alla salute del colesterolo… tanto ormai, in Italia, si muore solo di Covid…
Pane e burro. La colazione della memoria. Di quand’ero ragazzo. In un mondo molto più semplice. Quando le torte si facevano in casa, di rado… Ed era festa. Oggi le si compra confezionate al Discount. A pacchi, perché c’è l’offerta. Poi le si butta nell’immondizia dopo qualche giorno. Perché secche. E anche appena aperte, sanno di poco…
Il pane e burro non è solo un cibo. Né tanto meno uno snack, come si ha il pessimo gusto di dire oggi. È un uso antico. Se vogliamo un gusto che ridesta memorie. Semplice, come lo preferisco oggi. Con un velo di zucchero, come da bambini. O lussuoso, con la marmellata. Negli alberghi e pensioncine degli anni ’60, la vaschetta di metallo al centro del tavolo con la marmellata. Albicocca o pèsca, ben di rado ciliegie. E il piattino con i ricciolini di burro. Due o tre massimo a persona. Le colazioni continentali, che tengono pranzo fino a sera, erano cosa remota. Leggende transalpine… E gli alberghi, appunto, non erano ancora Hotel…
Ricordo in Cadore…
Spalmavo tutto contento il burro sul pane sfornato da poco. E sentivo, dalle grandi finestre, venire un profumo di mughi e baranci… Il Pelmo aveva, quasi sempre, una corona di nubi. Il cappello, come dicono nella valle… E mi sembrava addirittura di cogliere il brillare delle lamiere del tetto del rifugio Venezia. Ultima tappa per coloro che, poi, volessero inerpicarsi sino alla Carega, la Sedia di Dio.
Ingollavo pane e burro, e sognavo quei sentieri. Quei fitti boschi di conifere che ospitavano ancora qualche gallo cedrone. E i giovani camosci che balzavano tra le rocce coperte di muschi e licheni…
Erano immagini, fantasie, profumi, sapori… inscindibili. Indimenticabili
Ritornano in questa pigra aurora romana. In questa solitudine silenziosa…
“Che mangi, papi?”
Ti sei già svegliato. È molto presto. Oggi puoi dormire finalmente…
“Cos’è quello” indica il mio piatto.
Pane e burro.
“È buono?”
Sì. Molto.
“Me ne dai?
Non preferisci il latte e biscotti? C’è anche la torta al cioccolato…
Scuote la testa. E fissa il mio piatto.
Glielo passo.
E mio figlio comincia a mangiare pane e burro. Lì. In terrazza con me…