Paolo Giaccone era un medico legale, un uomo libero che collaborava con la giustizia e per questo fu brutalmente assassinato. Il viale in cui ebbe luogo l’efferata sparatoria, a Palermo, fu intitolato a suo nome.

L’omicidio
La mattina dell’11 agosto 1982, Paolo Giaccone, medico legale e primario dell’Istituto di Medicina Legale di Palermo, si stava recando a lavoro. Tre sicari se ne stavano appostati sul viale, fra gli alberi, attendendo che la vittima si avvicinasse all’ingresso del Policlinico. Improvvisamente, il fuoco incrociato di proiettili proveniente dalle armi dei tre sicari fredda il medico legale sotto una raffica letale. I colpi erano diretti alla testa di Giaccone, che non ebbe scampo.

LE indagini
Paolo Giaccone, come molte altre vittime di mafia, fu ucciso per un motivo ben preciso: il medico collaborava con la giustizia. Nello specifico, nei mesi precedenti alla sua morte, Giaccone diede il suo apporto in indagini in cui erano invischiati i corleonesi. Dopo la strage di Bagheria, infatti, avvenuta nel dicembre dell’anno precedente, la scientifica rinvenne delle impronte digitali che appartenevano al nipote di Filippo Marchese, Giuseppe Marchese – boss mafioso.
Durante la strage del 1981, periodo contrassegnato dalla guerra delle mafie a Palermo, i corleonesi avevano deciso di affermare il proprio controllo sul territorio. Con questo obiettivo, i mafiosi decisero di sparare all’impazzata per le strade, lasciando dietro di sé una scia di vittime. Filippo Marchese però, durante la strage lasciò un’impronta digitale che poteva incriminare lui e Cosa Nostra; la prova era schiacciante ed i mafiosi non potevano permettersi passi falsi. Con l’intenzione di evitare in ogni modo che la realtà venisse a galla, Cosa Nostra contattò il professor Giaccone, sottoponendogli una richiesta: falsificare le prove scientifiche al fine di celare l’identità dell’assassino.
Paolo Giaccone, un uomo libero
In un periodo storico caratterizzato da una difficile convivenza tra istituzioni e criminalità organizzata, segnato da diversi spargimenti di sangue, il medico legale ebbe il coraggio di declinare la richiesta d’insabbiamento, fedele al proprio lavoro e alla giustizia. Nonostante le numerose minacce di morte, Giaccone decise di continuare a svolgere ordinariamente il proprio lavoro e, nel farlo, fece una scelta eroica: rimanere fedele alla propria etica ed opporsi alla corruzione.
La storia di Paolo Giaccone, ci insegna quale connotazione dovrebbe avere realmente l’espressione “uomo d’onore“, spesso utilizzata in ambito mafioso. Restituiamo dunque l’accezione del termine onore a Paolo Giaccone; un uomo qualunque, libero, che ha consapevolmente rischiato e perso la vita. La posta in gioco per il medico legale era alta: non lasciare impunita una strage di innocenti opponendosi alla criminalità organizzata; non è necessario essere in particolari posizioni di potere per combattere l’illegalità, basta credere fermamente nei propri principi.
