Pappin: il conservatorismo viri sulla centralità dello Stato e le politiche sociali
La decisione della Corte Suprema Usa, con cui si è respinto all’unanimità il ricorso che avrebbe consentito a Donald Trump di sperare ancora in un ribaltamento dell’esito delle elezioni presidenziali statunitense, pone un interrogativo al Partito Repubblicano sul proprio futuro e le diramazioni che gli si apriranno davanti.
Il think tank Nazione Futura ha affidato ad uno scritto di Gladden Pappin, docente presso l’Università di Dallas e vicedirettore di American Affairs, il compito di delineare con chiarezza il nuovo quadro politico con la pubblicazione del dossier “Il futuro della destra americana dopo le elezioni presidenziali”, realizzato in collaborazione con la Fondazione Tatarella.
Suddiviso in due parti, il pamphlet, è introdotto dal presidente di NF Francesco Giubilei che si era recentemente occupato delle anime della destra a stelle e strisce.
Nella prima parte del documento, un’intervista a Pappin, viene evidenziato come la scelta della candidatura di Joe Biden fra i democratici sia finalizzata ad incrementare la frattura sui temi liberal per eccellenza affidando ad un uomo privo di carisma e polso il ruolo di “semplice segnaposto dietro cui vengono esercitati i poteri reali”, principalmente dall’ingombrante figura della sua vice Kamala Harris.
In questo senso risulteranno decisivi i ballottaggi per i due seggi al Senato della Georgia a gennaio che potrebbero consentire al GOP di mantenere la maggioranza in quel ramo del Parlamento e frenare l’amministrazione Biden.
Tra le sfide politiche ed elettorali anche quella del 2022 per il rinnovo della Camera in cui, stando ai dati della tornata concomitante con il voto presidenziale che hanno già permesso di colorare di rosso scranni precedentemente blu, il partito dell’elefantino ha ridotto lo svantaggio dai democratici, potrebbe prefigurarsi una maggioranza diversa da quella della nuova presidenza.
Nello scritto di Pappin che compone la seconda parte del dossier dall’esplicativo titolo “Dal conservatorismo al postliberalismo: la destra dopo il 2020” viene spiegato come le fantomatiche fazioni antiTrump all’interno dei Repubblicani rappresentino un’esigua minoranza e detrumpizzare il partito, anche in assenza di una sua ricandidatura o di un membro della sua famiglia, risulti ormai impossibile.

Sono, infatti, le istanze accomunate sotto lo slogan “Make America great again” ad aver saldato un popolo eterogeneo e per certi versi nuovo di cui non si potrà più fare a meno per vincere i prossimi appuntamenti elettorali. Dal considerevole passo in avanti fatto tra le minoranze ispaniche a quello operaio della Rust belt, dove la sconfitta nei singoli stati è arrivati per poche decine di migliaia di voti e non dieci o quindici punti percentuali come sostenuto lungamente dai sondaggi.
In quest’ottica il conservatorismo Usa, ma anche quello anglosassone e dell’Europa continentale, secondo Pappin “deve iniziare con una base di elettori socially conservative dando loro ciò che vogliono: un’economia orientata verso la nazione utilizzando i mezzi dello Stato e una società che sostiene la vita familiare dato che il liberalismo è ormai diventato un’ideologia esausta e non in grado di articolare il bene comune”.