Sinceramente pensavo che fosse finita qui… due battute, due risate. Non meritava altro. E, invece, ti scende in campo il Grande Critico – naturalmente dice lui di esserlo, ché in Italia non lo conosce nessuno, ma insegna a New York o da quelle parti e quindi… – che ti prende le difese di Alain Elkann. Tessendo l’elogio della sua prosa e attribuendogli il merito, non piccolo, di far discutere parlando nientepopodimeno che di Proust. E, quindi, di Letteratura. Quella con la L maiuscola naturalmente.
E allora….
E allora parliamo di letteratura (notate la minuscola).
Perché, come dice Montalbano (citazione colta, da Andrea Camilleri) mi sono rotto i cabasìsi di tutta questa spocchia intellettualistica. Di questi santoni e vestali di una Cultura che sa di muffe e di olio solare firmato, roba da Capalbio e Courmayeur. Di questo guardare tutti e tutto con lo puzzetta sotto il naso. Perché io so il francese e leggo Proust. Anche se confondo “All’ombra delle fanciulle in fiore”, volume secondo della Recherche, con “Sodoma e Gomorra”. Volume (non capitolo) quarto.
La letteratura – quella autentica, quindi con la minuscola perché non è un idolo – è viva. Meglio, è un ente vivente. La memoria, e l’identità, dei popoli. La coscienza, ovvero le lenti con cui gli individui possono leggere, e meglio comprendere, i grandi misteri del mondo.
Proust è un grande scrittore. Noioso sino alla morte. Ma è grande proprio perché volutamente noioso. La sua Recherche rappresenta il tentativo di recuperare la memoria del tempo. E, spesso, troppo spesso, il tempo è noia.
È un grande. Ma non è la Letteratura. Come non lo sono Musil e neppure Joyce. Fanno parte della letteratura. Hanno lasciato un segno indelebile, questo sì. E con loro bisogna fare i conti. Ci piaccia o meno. Ma leggerli non ci rende superiori. E men che meno il fingere di leggerli.
E della letteratura fa parte anche Simenon. Un gigante popolare. Volutamente popolare. Perché voleva essere letto, e compreso, da più gente possibile. Come il nostro Guareschi. Che usava scientemente un numero limitato di parole. Ma lo usava in modo inimitabile. Pastoso. Efficace. Memorabile.
E letteratura è anche Emilio Salgari. Che viene guardato con sufficienza dagli intellettuali eleganti . Ma che ha fatto sognare intere generazioni di giovani. Tra i quali, per inciso, Ernesto Che Guevara che si formò sui “Pirati della Malesia”. Non sul Capitale di Marx…
Bestemmio? Sinceramente non mi importa il giudizio di coloro che confondono cultura con affettazione snobistica. Letteratura con esibizionismo intellettualistico.
Nella mia biblioteca, certo, c’è Proust. Ma accanto ai romanzi di Dumas e a quelli di Vittorio Imbriani. Che gli intellettuali vestiti di lino blu e i grandi critici neppure ricordano. Ma andate a leggere “Dio ne scampi dagli Orsenigo” e poi mi direte…
Non ho citato Omero, Virgilio, Ovidio.. soprattutto Dante. Sono troppo grandi, colonne portanti della nostra civiltà, per essere confusi in questi pantani culturali…
E poi ci sono gli autori che veramente amo. Pound, Ernst Jünger, Benn, D’Annunzio… potrei continuare. Autori che, per altro, posso leggere tranquillamente in un treno diretto (chissà) a Rovigo. Senza il rischio di venire preso per un intellettuale. Razza (notate, vi prego, l’espressione politicamente scorretta) inutile, autoreferenziale e dannosa.
Preferisco mille volte i lanzichenecchi. Anche se vorrei che tornassero quelli veri. Un bel sacco a Roma – ma anche a Torino , Milano ecc… – sarebbe una ventata di aria fresca…