Le parole sono pietre, si sa. E un utilizzo scorretto dei termini rischia di avere conseguenze disastrose
Come nel caso della definizione di bullo, di bullismo.
Il male assoluto, secondo il pensiero unico obbligatorio
Ma è stato proprio questo pensiero a determinare gli attuali atti di violenza, fisica o psicologica, invertendo il significato che “bullo” aveva in precedenza.
Certo, il bullo non è mai stato il bravo ragazzino che si sedeva composto nel banco e che le mamme avrebbero voluto come amico del cuore del proprio figlio.
Ma il bullo, per essere tale, non poteva prendersela con i più piccoli, con i più deboli, con i più sfortunati. Anzi, in una classe di scuola il bullo era proprio quello che difendeva i più deboli dalle prepotenze degli studenti di altre classi, spesso più grandi.
E per conquistare il titolo di bullo doveva dimostrare coraggio e sfidare i più grandi, i più forti
Franti non è un bullo, è solo una carogna. Non lo è neanche Garrone, per nulla interessato alle sfide.
Indubbiamente non sempre era tutto facile e indolore
Qualcuno, inevitabilmente, si faceva male ma non erano mai tragedie.
Si conquistava il rispetto e, grazie a questa conquista, poteva evitare di ricorrere alla forza per difendere i suoi protetti. Che, per gratitudine e non per ricatto, magari passavano i compiti o lasciavano copiare.
In fondo si riproduceva il sistema tripartito indoeuropeo, con gli insegnanti nel ruolo sacerdotale, i bulli come guerrieri e gli altri compagni come la popolazione da difendere.
Forse era proprio questo che infastidiva e si è passati a criminalizzare il bullo anche se usava la forza come metodo di difesa dei deboli. Tutti dovevano diventare deboli, il coraggio era bandito. Tutti dovevano entrare nella squadra di calcio della classe, anche se schiappe.
La scuola degli Anni 60, nonostante le riforme, era ancora simile a quella del Libro Cuore
Non si puntava all’unita’ della classe ma alla creazione di squadre interne alla classe, che superava abbondantemente le 30 unità.
I bambini ed i ragazzi erano liberi
liberi di scegliersi gli amici tra i compagni simpatici, liberi di non invitare alle feste di casa i compagni antipatici.
Liberi di scegliere, di pensare, di litigare a viso aperto
Cancellando il coraggio e la lealtà si è fatto spazio alla furbizia vigliacca, alla violenza dei codardi, quelli che non affrontano vis à vis i più forti ma che formano un branco per aggredire i più deboli.
Una realtà molto diversa da quella delle battaglie, leali, tra bande di ragazzini che spesso, dopo essersi picchiati, diventavano amici mentre le bande si riformavano con componenti diversi.
Tutti sognavano i ragazzi della via Pal, anche perché i ragazzini di allora sapevano leggere.
Quella di oggi è l’Italia dei furbetti
quelli che si sentono migliori se rubano un posto in coda, quelli che sono diventati esperti di simulazione su un campo di calcio come sul posto di lavoro, quelli che fingono di non vedere, di non sentire, di non capire.
Bulli di oggi che hanno fatto carriera proprio perché è un Paese perfetto per i vigliacchi.