A tutti gli appassionati di storia (che in Italia e altrove sono tanti e che, pur non essendo degli specialisti amano approfondire argomenti legati alle vicende del passato) consigliamo di leggere il volume di Marco Valle “Patria senza mare”, pubblicato nel novembre dello scorso anno da SignsBook (pp. 539, €25,00).
Valle, già direttore di QuiTouring e autore di fortunati volumi quali “Confini e Conflitti (Eclettica), “Suez, il canale, l’Egitto e l’Italia (Historica) e “Il futuro dell’Africa è in Africa (Il Giornale – Fuori dal coro), va inserito a pieno titolo tra coloro che, da Indro Montanelli ad Alberto Angela, da Arrigo Petacco a Giordano Bruno Guerri, pur non essendo degli storici di professione hanno dato vita a opere rivolte a lettori curiosi e interessati alle vicende che riguardano il passato.
Il libro in questione non è una semplice presentazione di un episodio o di un personaggio. Si tratta infatti di una vera e propria rilettura della storia d’Italia, dalla caduta dell’Impero Romano in poi, vista da una prospettiva insolita: quella del mare.
Esplicativo è già il sottotitolo “Perché il mare nostrum non è più nostro. Una storia dell’Italia marittima”. Può apparire infatti paradossale che il Bel Paese, pur allungandosi nel Mediterraneo con migliaia di chilometri di coste, abbia avuto nel corso dei secoli una scarsa propensione allo sviluppo dei propri interessi geopolitici, economici e militari verso il mare, lasciando di fatto l’egemonia talassocratica ad altre nazioni europee dall’Inghilterra al Portogallo, dai Paesi Bassi alla Spagna.
A dire il vero Marco Valle mette in fila nel suo volume tutta una serie di eccezioni che potrebbero far pensare al contrario. Come dimenticare l’importanza delle repubbliche marinare con in testa Venezia e Genova e la poco considerata Ragusa, l’odierna Dubrovnik, che pure fu italianissima per fondazione e cultura, oggi dimenticata dai libri di storia perché da pochi decenni si trova in territorio croato (prima iugoslavo)? E come scordare gli esploratori italiani che solcarono i mari alla ricerca di un sogno, primo fra tutti lo scopritore dell’America Cristoforo Colombo?
Tutto ciò non fa dell’Italia, secondo la lettura di Valle, una terra votata alla navigazione; anzi. Le prospettive degli stati italiani prima e dopo l’Unità, sono sempre state “terragne”, poco vocate a fondare il proprio sviluppo verso il mare.
Le ragioni di questa avversione vengono attentamente indagate dall’autore che ha consultato centinaia di volumi sull’argomento (tutti scrupolosamente elencati nella ricca bibliografia), grazie a un lavoro durato oltre tre anni di studio e approfondimento.
Quanto ne scaturisce è un lavoro estremamente godibile per il lettore anche non specialista, grazie alle capacità affabulatorie dell’autore che ci “racconta” pagina dopo pagina un lato nascosto della nostra storia. Un modo di essere ben sintetizzato dal verso di una canzone di Paolo Conte (usata come titolo dell’ultimo capitolo) che recita “la paura che ci fa quel mare scuro che si muove anche di notte e non sta fermo mai”.
Una paura che, secondo Valle, e non solo secondo lui, sarebbe giunto il momento di superare per dare nuove prospettive geopolitiche al nostro paese.
Se un solo appunto si può fare a questo libro, è la mancanza di un indice dei nomi, strumento utilissimo per orientarsi nelle centinaia di citazioni e che speriamo possa essere inserito in una futura ristampa.
Nel corso di una recente presentazione Valle ha annunciato di voler mettere mano a un nuovo studio riguardante gli avventurieri italiani che, nel corso dei secoli, da Marco Polo in poi, si son lanciati alla ricerca e alla scoperta di aree inesplorate del nostro pianeta. Personaggi poco o punto conosciuti che però hanno contribuito all’incremento delle conoscenze umane. Attendiamo fiduciosi di poter leggere presto il frutto delle sue ricerche.