Patrick Zaki è un ragazzo egiziano di trent’anni, studente all’università di Bologna. Nel mese di febbraio del 2020 è stato arrestato all’aeroporto del Cairo, e il suo arresto ha avuto un forte impatto mediatico. Ripercorriamo brevemente la storia di questo ragazzo.
Chi è Patrick Zaki
Patrick Zaki è nato a Mansura, a nord-est dell’Egitto, nel 1991.
Lo scoppio della rivoluzione egiziana del 2011 ha portato a massacri e violenze nella sua terra natale. Ciò ha spinto il ventenne a dedicarsi con grande interesse e tenacia alla difesa dei diritti umani. Al termine della rivoluzione le forti tensioni non sono ancora terminate e le persone sono ancora impaurite, eccetto Patrick Zaki. Infatti, quest’ultimo, a partire dal 2017, decide di lavorare presso una delle organizzazioni più importanti dell’Egitto, l’Egyptian Initiatives for Personal Rightsh. Qui opera per due anni.
L’inizio degli studi all’Università di Bologna
Nel 2019 Patrick Zaki partecipa al programma Erasmus Mundus, va a studiare all’estero e sceglie Bologna come meta. Qui segue il percorso di dottorato in studi di genere, facendosi apprezzare dai docenti. Il suo sogno consisteva nel costruire un futuro migliore per sé e per il suo paese.
L’arresto di Patrick Zaki
Il periodo iniziale
Il 7 febbraio 2020 tutto si è fermato alle ore 4 presso l’aeroporto internazionale del Cairo. Era partito con l’intenzione di rendere visita ai parenti, ma è stato catturato dagli agenti dei servizi segreti all’improvviso e senza avere spiegazioni. Successivamente nessuna notizia sarebbe giunta alle orecchie dei familiari del ragazzo fino al 9 febbraio. A divulgare la notizia dell’ arresto, formalizzato l’8 dello stesso mese, è l’associazione preso la quale lavorava come attivista. Intanto la città di Bologna organizza un flash-mob in piazza Maggiore. Zaki ne diventerà cittadino onorario l’11 gennaio 2021.
Le varie ipotesi e accuse
Il mandato d’arresto è stato emesso nel 2019 e riporta le seguenti accuse: minaccia alla sicurezza nazionale, incitamento alle proteste illegali, sovversione, diffusione di false notizie, propaganda per il terrorismo. Anche vari post su Facebook costituiscono la causa dell’arresto.
Il suo avvocato ha sostenuto che le forze dell’ordine egiziane avrebbero bendato, colpito allo stomaco, alla schiena e con scariche elettriche il ragazzo, per 17 ore consecutive. Pare inoltre che l’abbiano minacciato di stupro.
Al contrario, la Procura Generale di Mansura ha dichiarato che Patrick Zaki non aveva ferite sul corpo. E Il Procuratore Generale dell’Egitto che il ragazzo non avrebbe subito alcuna tortura.
Il periodo di detenzione
Dopo i primi 15 giorni di custodia cautelare a Talkha, il 25 febbraio è stato trasferito nella sua città natale. Qui ha ricevuto, in via del tutto eccezionale, una visita da parte dei genitori. Il 5 marzo è stato trasferito nel Carcere di Tora, al Cairo.
Due giorni dopo, il tribunale competente ha rinnovato la sua detenzione preventiva fino alla successiva udienza. Questa verrà posticipata più volte, prima di 15 giorni, poi di 45. Ciò è dovuto alla pandemia che stava iniziando a muovere i primi passi.
La scarcerazione
Il 7 dicembre 2021 Il tribunale di Mansura ordina la scarcerazione di Patrick, che avverrà il giorno successivo, dopo ben 22 mesi. Ciò nonostante resterà ancora sotto processo fino alla prossima udienza, prevista il primo febbraio 2022.
L’impatto mediatico di Patrick Zaki
Appena Patrick è stato incarcerato, una petizione viene aperta su Change.org. Questa dà il via alla mobilitazione sia dell’Italia sia dell’Europa per la liberazione e per il conferimento della cittadinanza italiana al ragazzo. Inoltre sarà una di quelle con più firme in tutta la piattaforma, avendo superato la soglia di 300 mila. Anche La Conferenza dei rettori delle università italiane (CRUI) e d’Europa si sono dimostrati solidali a Zaki e lanciato appelli per la sua liberazione.
Inoltre il Parlamento Europeo ha definito il suo arresto una minaccia per i valori fondamentali dell’Unione europea.
Sono molte le città italiane e gli attivisti, tra cui Roberto Saviano e Liliana Segre ad avere chiesto la cittadinanza italiana per Zaki. Sono emozionanti le parole della senatrice che, nel 1944, è stata deportata nel campo di concentramento di Birkenau-Auschwitz.
“C’è qualcosa nella storia di Patrick Zaki che prende in modo particolare, ed è ricordare quando un innocente è in prigione. Questo l’ho provato anch’io e sarò sempre presente, almeno spiritualmente quando si parla di libertà”.
E poi ancora:
“Sono qui come nonna di Zaki, sono stata in prigione come lui”.