I metodi di esecuzione della pena di morte sono innumerevoli. A partire dalla crocifissione fino ad arrivare alla sedia elettrica, la ghigliottina o l’impiccagione. Nel corso della storia sono stati numerosi i Paesi che hanno deciso di applicare questa pratica crudele della pena capitale, ancora oggi in vigore in alcune parti del mondo, come Stati Uniti o Arabia Saudita.
Che cos’è la pena di morte?
L’illuminista italiano Cesare Beccaria definiva la pena di morte come “una guerra della nazione contro un cittadino”. Egli fu particolarmente attivo nella lotta contro questa pratica crudele della pena capitale, e il suo lavoro è raccolto nella sua opera “Dei delitti e delle pene”.
La pena di morte è una pratica che ha lo scopo di punire con l’omicidio una persona che abbia commesso un reato di fronte alla legge. Questa pena può essere svolta in diversi modi, infatti i metodi della pena di morte sono innumerevoli, e spesso anche vere e proprie torture.
L’impiccagione
Il metodo più comune della pena capitale è stato l’impiccagione, un’usanza che ha origini medievali. Sono diversi i modi che sono stati utilizzati per impiccare i condannati. L’impiccagione a sospensione, la caduta breve, quella standard, quella lunga e l’upright jerker. Quest’ultimo usato in particolare negli Stati Uniti, dove la caduta verso il basso seguiva uno slancio violento verso la direzione opposta.
La prima impiccagione risale al 1214 d.C. quando in Inghilterra il figlio di un nobile venne punito per pirateria. Ancora oggi in diversi Paesi, come l’Iran, viene messa in pratica. Solo nel 1996, negli Stati Uniti, Billy Bailey fu l’ultima persona ad essere impiccata.
La fucilazione
Il metodo di pena di morte della fucilazione prevede l’uso di armi da fuoco. La vittima viene colpita da una serie di colpi a cui raramente riesce a sopravvivere, e la pratica si conclude con un ultimo colpo alla testa, il cosiddetto colpo di grazia. La fucilazione può svolgersi o solo in presenza del condannato e dell’esecutore, oppure la vittima viene posta di fronte a un gruppo di più persone incaricate di spararle.

In Italia, un tempo, la fucilazione era l’unico metodo di esecuzione capitale contemplato. Oggi viene applicato in Indonesia e negli Emirati Arabi e i reati possono essere i più svariati, dallo spaccio di droga all’omicidio.
La ghigliottina
La ghigliottina nacque in Francia nel XVIII secolo per poi diffondersi in molti altri paesi, tra cui la Svizzera, l’Italia e lo Stato Pontificio. Consiste nella decapitazione di coloro che sono oggetto di una condanna a morte.

Lo scopo è quello di infliggere una morte che non sia troppo dolorosa e lenta, quasi come se questa scelta potesse ammortizzare la crudeltà della pratica. Oggi è possibile riscontrarne lo svolgimento in alcuni luoghi dell’Arabia Saudita, dove pare abbia luogo in piazza pubblica.
La sedia elettrica
Thomas Edison è l’inventore della sedia elettrica che a partire dal 1888 si diffuse negli Stati Uniti come metodo di esecuzione della pena capitale. Generalmente la sedia era di un materiale non conduttore, come il legno, e su di essa veniva legato il condannato. Sulla sua testa e i sui polpacci poi vengono posizionati degli elettrodi umidi che rendono la vittima di fatto un mezzo conduttore.
Si va dai 500 ai 2000 volt di potenza che vanno a causare danni irreparabili al corpo, arresto cardiaco e paralisi respiratoria. La prima esecuzione scioccò l’opinione pubblica, perché fu evidente il carattere disumano e riconducibile alle torture di questo metodo.
L’iniezione letale
L’ultimo dei metodi di pena di morte che affrontiamo è quello dell’iniezione letale, ancora oggi molto diffuso in paesi come gli Stati Uniti, la Repubblica Popolare Cinese, il Guatemala e Taiwan. Il primo ad essere stato vittima di questo metodo di esecuzione della pena capitale fu Charles Brooks nel 1982 nel Texas.

Anche se molti affermano che l’iniezione letale sia la condanna morte meno crudele, non è detto sia sempre così. Che una pena di morte sia buona o sia cattiva, la sostanza non cambia e purtroppo il risultato è sempre l’irreversibile morte. In ogni caso per quanto sia un metodo condiviso per la sua apparente clemenza, non sono mancati casi in cui il condannato ha mostrato un’evidente sofferenza prima di perdere coscienza e morire.
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