Non era ancora finita la buffonata a reti unificate sull’entusiasmo per un semplice rimbalzo del Pil italiano nel 2021 rispetto al disastroso anno precedente che, subito, sono arrivati i catastrofici dati del mercato dell’auto a chiarire che l’economia reale delle famiglie italiane non ha nulla a che fare con le menzogne del regime e dei suoi chierici.
In gennaio sono state immatricolate in Italia 107.814 autovetture con un calo del 19,7% su gennaio 2021 e del 34,8% su gennaio 2019, cioè sul dato precedente la pandemia. La gravità della situazione è messa bene in luce dal fatto che, se si proietta il dato del gennaio scorso sull’intero 2022, si ottiene un volume di immatricolazioni, per l’intero 2022, di 1.198.000 autovetture con un calo del 17,8% sul 2021.
Secondo il Centro Studi Promotor l’attuale situazione del mercato dell’auto è, dunque, assolutamente anomala, non solo perché per livello di immatricolazioni ci riporterebbe agli anni ’60 del secolo scorso, ma anche perché l’andamento del settore rischia di essere in netto contrasto con quello ufficiale dell’economia. Secondo Bankitalia, infatti, per quest’anno è prevista una crescita del Pil del 3,8%, mentre il mercato dell’auto, se non si inverte la tendenza in atto, potrebbe far registrare un calo del 17,8%. E’ del tutto evidente – sottolinea Gian Primo Quagliano, presidente del Centro Studi Promotor – che, in mancanza di interventi immediati, il settore dell’auto, che vale il 12% del Pil, potrebbe diventare una pesante palla al piede per il Pil, mettendo fortemente a rischio la prospettiva di una crescita del 3,8% prevista per quest’anno.
Secondo le anticipazioni di autorevoli esponenti del Governo e del Parlamento la situazione dell’auto avrebbe dovuto essere affrontata nell’ambito della Legge di Bilancio per il 2022. Non è stato così ed ora si pone con estrema urgenza la necessità di immediati interventi governativi per invertire la pericolosissima tendenza in atto affrontando la crisi dell’auto sia con misure che favoriscano la transizione ecologica attraverso il rinnovamento del parco circolante che con misure che puntino anche a neutralizzare gli effetti negativi della transizione sull’occupazione e sulla produzione di particolari settori del comparto automobilistico. E ciò non solo per eliminare il pericolo che la transizione ecologica possa essere rallentata dalle giuste proteste dei settori danneggiati, ma anche per una fondamentale esigenza di equità. Se migliorare l’ambiente va a beneficio di tutti, i costi per migliorarlo non possono essere caricati su particolari settori o particolari categorie di persone.
Peccato, però, che le iniziative annunciate stentino a decollare. Solo dopo l’intervento di Mino Giachino, leader di Sì Tav Sì Lavoro, politici e sindacalisti (e non tutti ) hanno accettato l’invito a sedersi ad un tavolo per individuare i sostegni per l’automotive. Molinari ha proposto un incontro tra tutte le Regioni in cui sono presenti gli stabilimenti dei francesi di Stellantis. Ma il sindaco di Torino ha rilanciato con un tavolo solo piemontese. Nella pia illusione che un amministratore delegato portoghese di un gruppo francese sia interessato agli aspetti storici ed umani della città in cui è nata, ed è morta, la Fiat.