L’era Boccia sta finalmente per terminare al vertice di Confindustria dove ha provocato danni difficilmente sanabili. Tra un anno se ne andrà a casa e si sono già aperti i giochi per la successione.
Dopo un presidente del Sud dovrebbe toccare ad un imprenditore del Nord e l’attacco sferrato da Carlo Bonomi, presidente della potente Assolombarda, contro Salvini rappresenta una sorta di inizio di campagna elettorale interna.
Non è un caso che Bonomi si sia scagliato contro la Lega ed abbia blandito Di Maio che potrebbe garantirgli la tranquillità al Sud. Ovviamente il presidente di Assolombarda non è l’unico aspirante alla guida di Confindustria. Imprenditori lombardi, veneti, liguri sono teoricamente in corsa benché non esistano ancora candidature neppure ufficiose.
In compenso è chiaro che il Piemonte resterà nuovamente fuori dai giochi. La regione che non perde occasione per vantare il proprio ruolo determinante nella manifattura italiana non riesce ad esprimere un nome spendibile al di fuori del proprio territorio. In realtà non riesce neppure ad esprimere un nome per il proprio territorio, regionale e provinciale.
Non è che manchino gli industriali di successo. Escludendo Ferrero, che ha sempre meno rapporti con Alba, solo per quanto riguarda Torino è sufficiente ricordare Lavazza, Boglione (BasicNet-Robe di Kappa e marchi vari), Vitelli (Azimut Benetti). Ma nessuno di loro pare entusiasta all’idea di andare a presiedere un’associazione industriale che, negli ultimi anni, non ha certo espresso figure di grande rilevanza.
Troppo asserviti alle logiche della piccola politica comunale, troppo legati al Sistema Torino a guida Pd, non hanno avuto nulla da dire sul piano nazionale e neppure a livello locale al di fuori delle proprie stanze. Servirebbe anche agli imprenditori un cambio di rotta radicale, per andare al di là delle patetiche manifestazioni di piazza per sostenere il candidato regionale del Pd e per ottenere qualche commessa pubblica.