A tutti sarà capitato di sentire citare la casalinga di Voghera al telegiornale, alla radio o leggerla su un giornale.
Espressione, oltre che nel mondo giornalistico, è entrata a far parte del linguaggio comune. Ma non molti sono a conoscenza delle sue origini. Origini incerte e con un possibile contenuto discriminatorio.
Origini della casalinga di voghera
Carolina Invernizio, la scrittrice denigrata
Le prime origini di questo termine fanno riferimento a una certa Carolina Invernizio nata a Voghera nel 1851. Già da molto giovane fece notare la sua passione per la scrittura. Proprio a causa della sua passione per la scrittura rischiò l’espulsione dalla scuola per aver scritto un articolo sul giornalino dell’istituto. Successivamente, sposò un ufficiale bersagliere e insieme si trasferirono prima a Torino e poi a Cuneo.

Carolina continuò a coltivare la sua passione per la scrittura. Nel 1876 uscì la sua prima novella e l’anno dopo il suo primo romanzo: Rina o L’angelo delle Alpi. Da lì in poi si succedettero diverse pubblicazioni che la consacrarono per quarant’anni come vera e propria autrice di romanzi.
Tuttavia, in un Paese ancora profondamente maschilista molti cercarono di denigrarla e affondarla. Cercarono di osteggiare il suo successo soprannominandola in modo dispregiativo “la Carolina di servizio” o, appunto, “la casalinga di Voghera”.
La zona di Voghera tra le più ignoranti d’Italia
Invece, tra le interpretazioni più recenti ci imbattiamo in un’inchiesta del 1966. Il servizio opinioni della Rai, in quell’anno, ha avviato un’inchiesta per accertare la capacità di comprendere alcuni termini da parte dell’italiano medio. Quante parole usate nel linguaggio politico fossero davvero comprensibili per lo spettatore italiano.
A sostegno di quest’analisi, vennero realizzate diverse interviste in ogni parte d’Italia. Gli intervistati dovevano rispondere dando la definizione di alcuni termini inerenti al mondo della politica. Dai dati dell’inchiesta emerse che i tassi di comprensione meno elevati furono riscontrati nella zona di Voghera.
Da questo fatto, con “Casalinga di Voghera”, si iniziò ad indicare una donna della piccola provincia, con un basso livello di scolarità e con un’occupazione di un livello umile.
casalinga famosa in tutto il mondo
Questo modo di definire una fascia di persone non è tipicamente italiano. Anche in Germania è di uso comune l’espressione “Casalinga Sveva” (Schwäbische Hausfrau). Differentemente dall’Italia, questa espressione ha risvolti positivi, in quanto vuole rappresentare l’incarnazione di saggezza popolare.
Possiamo ritrovare maggiori similitudini nell’espressione argentina “Doña Rosa” (Signora Rosa). Nella cultura argentina sta a rappresentare una persona comune senza particolare interesse verso la politica o l’economia ma occupata a mantenere il benessere nella propria famiglia.
casalinga di voghera entra nel linguaggio comune
L’espressione, in Italia, si è sedimentata nei modi di dire comuni con l’intervento di grandi personalità come Alberto Arbasino. Arbasino viene, infatti, identificato padre idiomatico contemporaneo.
Successivamente, Nanni Moretti presentò il suo modello della casalinga timorata padana nel film Sogni D’oro (1981). Questo modello non riuscì a spodestare la casalinga di Voghera, caratterizzata da una storia più antica e già avallata da un lessico giornalistico.
Fino ad arrivare nel 1993, quando il termine entra nel Dizionario dei termini giuridici.
la casalinga di voghera oggi
Negli ultimi decenni questa espressione è stata molto criticata delle femministe. Accusano l’uso comune, di avvalorare un’idea denigratoria della donna. Dopo le prime critiche verso questa espressione, è stato sostenuto che la Casalinga di Voghera sia un’ode alla figura della massaia, angelo del focolare.
Le affermazioni delle femministe, però, si appoggiano alla definizione che da il dizionario della memoria collettiva. In cui la Casalinga di Voghera è definita come qualcuno che fruisce passivamente della programmazione televisiva senza apporvi senso critico e giudizio.

Ritengono che essere definite attraverso questo aggettivo, sia al pari di ignoranti e analfabeti. E il carico discriminatorio non è riversato interamente verso la donna ma verso un’intera fascia di popolazione. Quella della medio-piccola borghesia, rinchiusa sotto il clichè dell’ignorante e incolto.
Per quanto questa espressione sia entrata nel linguaggio comune bisogna fare attenzione in che modo la utilizziamo. Non tutti potrebbero percepire la leggerezza di questa affermazione, al contrario sentirsi discriminati e offesi.