C’era una volta il “progetto”. Tutti lo avevano, mica solo gli architetti. Il progetto era immancabilmente accompagnato dall’asticella da alzare. Poteva andare bene a scuola, per un somaro alle prese con un disperato tentativo di promozione; oppure nel calcio, con la squadra in zona retrocessione ma con un allenatore che aveva in testa un ben preciso progetto che avrebbe permesso di alzare l’asticella per raggiungere la qualificazione alla Champions.
Ovviamente ogni progetto era “importante”, altro termine imprescindibile. Il goal era importante, il calciatore pure, l’interrogazione anche. Era importante il golfino acquistato sulle bancarelle, la pizza mangiata al bar, la passeggiata con le amiche.
“Importante” è ancora tra noi, perché l’ignoranza dilagante impedisce di trovare un sinonimo per ogni occasione. Ma il progetto sta svanendo. È arrivata l’ora del percorso. Un percorso di crescita, immancabilmente. Personale, professionale, scolastico, sportivo, sentimentale. Parola omnibus, da indossare in ogni stagione. Va bene per appuntamenti galanti, ed importanti, o per eventi pubblici, altrettanto importanti. Sta bene con tutto. Si porta bene a tavola, affrontando un importante percorso gastronomico sino a quando il governo degli Incapaci lo permetterà; non sfigura in un importante colloquio di lavoro, per garantire la crescita precedente e promettere quella futura; è perfetto in un importante litigio tra innamorati, per chiarire che in futuro il rapporto migliorerà dopo un lungo percorso.
Ciò che non migliora è l’utilizzo della lingua italiana. Il percorso è verso un importante impoverimento del lessico. Ed il percorso verso arresti domiciliari sempre più importanti non permetterà un’inversione di tendenza.