Mi manca la notte. Il poter uscire di notte. E tirare l’alba. Insonne.
Non fraintendete. Non sto dicendo che mi mancano i locali affollati sino a tarda ora, la confusione ebbra, la cosiddetta movida. Di quella nulla mi cale. Ed anche quand’ero giovane mi piaceva ben poco. La gente ammassata, sudaticcia nelle discoteche mi ha sempre dato fastidio. Non avevo bisogno di un DPCM per tenermene alla larga. Anzi, proprio perché oggi mi viene imposto per Diktat… beh mi verrebbe voglia di andare in disco a ballare sul cubo.. .

Comunque, la notte mi manca. Mi manca il poter uscire e girovagare per le vie semidesertiche. O totalmente desertiche. Come sempre, poi, erano. Prima di questo assurdo “coprifuoco”. Assurdo, inutile e, per inciso, incostituzionale. Come tanti atti inutili per limitare la diffusione del virus. Ma utilissimi per puntellare il più bieco e squallido dispotismo della nostra storia. Incostituzionale.. Ma chi la Costituzione dovrebbe garantire, tace. E quindi acconsente.
A me piaceva uscire di notte. Camminare, come dicevo… Vedere le cose con occhi diversi da quelli del giorno. Provate, appena potete a passeggiare per i Fori Imperiali in una notte fonda. Quando ormai anche l’ultimo turista si è ritirato. E non si ode più il frastuono delle auto…. Provate a guardare. E sopratutto ad ascoltare.
È allora che si comprende l’emozione provata da Goethe quando giunse, per la prima volta, a Roma nella notte. In carrozza. In una città che era ridotta, quanto ad abitanti, a poco più di un borgo. Emozione che fluisce d’impeto nella prima delle Elegie Romane…
Mi manca la Notte. In questo periodo, soprattutto. Le notti di Carnevale. Ancora ricordi di Venezia. Vecchi ricordi. Vecchi Carnevali.
Non però delle grandi feste in Piazza San Marco, con il Teatro del Mondo sospeso sulle acque, e la folla che si accalcava rumorosa.
E neppure delle recite, saltimbanchi e mimi, più o meno improvvisate nei Campi, alla luce di torce o di fotoelettriche…
La nostalgia è piuttosto per il dopo. Per ciò che veniva dopo tutto questo. Dopo la baldoria e la confusione. Dopo le sarabande e i cori.
Il silenzio della notte profonda che subentrava. Le calli desertiche prima dell’aurora. Quando era possibile sentire i propri passi risuonare cupi e profondi nel silenzio. Avvertendo, di tanto in tanto, altri passi lontani. Magari un lieve suono di tacchi. Veloce sui masegni. Una presenza femminile appena intuita. Un leggero fantasma in costume del ‘700…che ti faceva sognare…

Presenze umane tangibili e visibili… poche. Più che altro suoni. Una voce che canta. Parole indistinte. Ma il tono è di chi è allegro, ha bevuto. Stenta, o ritarda, il rientro a casa… Domani è le Ceneri. Inizia Quaresima. Anzi, è già iniziata, ma fino a che non sorge il pallido sole di febbraio, ti puoi illudere ancora che sia festa. Che sia Carnevale.
Mi manca la Notte. La sua libera solitudine. I suoi fantasmi. Il suo silenzio pieno di voci e sussurri. Quella libertà inquieta che sa di avventura. E di speranze. Di un viaggio verso mete che nessuno può predeterminati. Nessuno comprimere e negare…