Dal 2017 in Myanmar si verificano persecuzioni a danni della minoranza Rohingya, costretti a rifugiarsi in Bangladesh. Ma chi sono i Rohingya? Perché vengono perseguitati? Perché la Birmania attua questo genocidio?

La minoranza Rohingya
I Rohingya sono una minoranza etnica di religione musulmana. Fino all’inizio delle persecuzioni, circa 1 milione di Rohingya viveva a Nord del Myanmar, nello stato del Rakhine, dove la maggior parte della popolazione è di fede buddista. La convivenza tra queste due etnie è sempre stata in bilico, ma prevalentemente pacifica. Dall’indipendenza del Myanmar nel 1948, i Rohingya non rientrano tre le 135 minoranze etniche ufficialmente riconosciute nel Paese; inoltre, con la promulgazione della Legge sulla Cittadinanza nel 1982, si è negato il diritto di cittadinanza ai Rohingya che, di fatto, sono un popolo apolide privato delle libertà fondamentali. Da questo momento, le persecuzioni a danno dei Rohingya sono aumentate negli anni.
Perchè i Rohingya vengono perseguitati?
L’inasprimento delle violenze tra Rohingya e Buddisti risale al 2012, in seguito ad alcuni episodi di criminalità che hanno coinvolto persone di etnia rohingya. La situazione è precipitata, però, nel 2017, quando l’esercito birmano ha avviato una massiccia campagna per la “liberazione” della regione del Rakhine. Dal 2017, più di 888.000 Rohingya si sono rifugiati in campi profughi in Bangladesh (ultimo aggiornamento 31/12/2020; fonte UNHCR – United Nation Humanitarian Response Depot). Ad oggi, il campo profughi costituito per accogliere i profughi Rohingya – campo Kutupalong – è il più grande al mondo e ospita circa 600,000 rifugiati.

La reazione dell’ONU
In relazione alle persecuzioni verificatesi negli anni ai danni dei Rohingya, già nel dicembre 2017 l’Organizzazione delle Nazioni Unite si è espressa tramite la risoluzione S-27/1. L’ONU ha fortemente condannato le sistematiche e gravi violazioni dei diritti umani commessi in Myanmar, in particolare nello Stato del Rakhine. L’Organizzazione ha invitato il governo a garantire la protezione dei diritti dell’uomo a tutte le persone presenti all’interno dello Stato, compresa la comunità Rohingya. A ciò, si aggiunge l’invito a prendere tutte le misure necessarie per provvedere giustizia alle vittime e a porre fine alle violazioni e agli abusi dei diritti umani. Alla risoluzione si sono opposti solo tre Paesi, tra cui la Cina. Pechino si è anche recentemente opposta alla recente risoluzione del Consiglio di Sicurezza in merito al colpo di Stato verificatesi il 1 febbraio 2021. Chiari sono gli interessi economici e strategici che la Cina nutre in Myanmar.
Le dichiarazioni di Aung San Suu Kyi

In merito alle dichiarazioni interne, Aung San Suu Kyi ha negato i crimini commessi contro i Rohingya. Dinanzi alla Corte Internazionale di Giustizia, la leader birmana ha minimizzato le violenze commesse, senza neanche utilizzare la parola “Rohingya” per descrivere la minoranza etnica. Nel suo discorso, ha definito le accuse mosse al Myanmar “incomplete e fuorvianti”, sostenendo che l’accaduto fosse conseguenza di un attacco subito dall’Esercito della Salvezza Arakan Rohingya. Inoltre, ha sottolineato le capacità del Myanmar nel condurre indagini esaustive e imparziali in merito. Le dichiarazioni di Aung San Suu Kyi hanno provocato molti dubbi, soprattutto perchè nel giugno 2012 è stata insignita del premio Nobel per la Pace.