Ma cosa aspettano, alla Lega, per provare a rilanciare un partito che continua a perdere consensi ad ogni rilevazione dei sondaggi? Cambiano i sondaggisti, cambiano le società che si occupano di intervistare gli italiani, ma non cambia il trend: negativo. Ormai la doppia cifra è una chimera, ormai i consensi per i presunti defunti pentapoltronati sono valutati più del doppio rispetto a quelli per la Lega. Ormai Salvini è costretto ad inseguire persino Calenda e Renzi e, a forza di cali, rischia di ritrovarsi a gareggiare per la supremazia con Forza Italia.
A fronte di una sconfitta quantitativamente inferiore, il Pd ha preso atto del disastro ed ha iniziato un lentissimo processo di analisi interna. Per provare almeno a capire cosa andrebbe fatto per invertire la tendenza negativa. Magari la riflessione si rivelerà un fallimento poiché la nomenclatura non intende fare passi indietro e, tutt’al più, si rassegna a gestire il cambiamento che passa attraverso volti nuovi in rappresentanza di una politica vecchia.
In Lega neanche quello. Nessuna autocritica, nessun allontanamento di assessori incapaci e disastrosi, nessun cambiamento ai vertici territoriali dopo sconfitte clamorose. Si procede come se tutto andasse meravigliosamente bene. Gli stessi nomi, gli stessi errori, la stessa insofferenza per proteste che arrivino da chi non fa parte del circolo magico in rovina. Manteniamo le posizioni. Ma solo quelle di potere personale.
Si procede, a capo chino, al traino di Meloni e Crosetto, sperando solo che gli alleati siano generosi e non pretendano tutte le poltrone.
L’importante è evitare che emergano figure nuove in grado di rilanciare la Lega facendo piazza pulita di chi ha sbagliato le candidature, di chi ha sbagliato nella gestione di assessorati fondamentali, di chi ha sbagliato le nomine in tutti (ma proprio tutti) gli enti che necessitavano di un cambiamento.
Ovviamente neanche a parlare di congressi veri, dove discutere non solo della spartizione delle poltrone rimaste ma anche delle strategie politiche, dei programmi, delle idee. D’altronde quando incarichi importanti a livello culturale vengono affidati a personaggi imbarazzanti ed incompetenti, significa che di idee non si vuol proprio discutere. “Quando sento parlare di cultura…”. Ecco, se i responsabili del settore non sanno nemmeno completare la frase, è inutile organizzare un congresso per definire un futuro politico.