La settimana più movimentata dal ritorno alla democrazia per le istituzioni politiche peruviane si è conclusa con le dimissioni di Manuel Merino e la nomina alla presidenza per il deputato Francisco Sagasti.
Quest’ultimo, rispetto a Merino, ha ottenuto la fiducia delle masse popolari riversatesi nelle piazze di Lima e delle principali città del Paese per essere stato tra i pochi membri (appena 25 su 130) dell’unica Camera nazionale a non votare a favore della rimozione dalla massima carica istituzionale di Martin Vizcarra.
Il compito, per nulla facile, del membro del Partido Morado, espressione centrista che alle elezioni legislative tenutesi all’inizio del 2020 ottenne solo 9 seggi, sarà quello di traghettare la nazione andina verso le nuove elezioni generali previste per l’aprile 2021 quando gli aventi diritti al voto saranno chiamati alle urne per scegliere il nuovo presidente e rinnovare l’intero Congresso per il mandato 2021-2026.
Con tutti i precedenti presidenti coinvolti nell’inchiesta Odebrecht, le grane giudiziarie che hanno colpito i figli dell’ex dittatore Fujimori e l’imperante partitocrazia tipica del Perù, difficilmente i prossimi sei mesi riusciranno a catalizzare la maggioranza della popolazione in unico fronte e verso un unico movimento consentendo al futuro capo di Stato di ottenere anche la maggioranza relativa al Congresso per governare con maggior serenità.
Un quadro, soprattutto stando alle ultime elezioni svoltesi nel subcontinente sudamericano, in cui potrebbe, però, finalmente emergere la sinistra socialista che, capeggiata dalla quasi quarantenne Verónika Mendoza, sfiorò già il ballottaggio nel 2016 e punta a proporsi per la prima volta come forza in grado di governare un Paese che solamente con la vittoria di Ollanta Humala aveva pensato, timidamente, di avvicinarsi alle ricette di nazionalizzazione delle risorse naturali e delle industrie, tipiche del populismo latinoamericano.
Seppur con Sagasti alla guida il Perù difficilmente modificherà il proprio atteggiamento in politica estera. Quanto avvenuto appare ai più una pena che sa di contrappasso dantesco per lo Stato che tanto aveva spinto affinchè venisse creato un organo internazionale in difesa della stabilità e della democrazia che, dal nome della capitale, aveva preso a definirsi Gruppo di Lima e indicava nel Venezuela bolivariano e nel Nicaragua sandinista degli esempi di tirannia e dittatura vicini all’implosione.
Perù, Sagasti nuovo presidente, data di scadenza ad aprile..
