È esplosa come una bomba la notizia dell’efficacia al 90% del vaccino contro il coronavirus sviluppato dall’americana Pfizer e dalla tedesca Biontech. Alcuni Paesi l’hanno già prenotato. Le due aziende si apprestano ad affrontare una grande sfida, produrre abbastanza dosi di vaccino da soddisfare una domanda che era già ingente quando il vaccino era ancora allo stato sperimentale. Il vaccino, uno di quelli in più avanzata fase di sperimentazione, si è rivelato efficace su 94 volontari 28 giorni dopo la prima somministrazione. L’amministratore delegato di Biontech Ugur Sahin lo ha definito “il miglior risultato possibile” mentre per il CEO di Pfizer, Albert Bourla, questo è “un grande giorno per la scienza e l’umanità”.
L’Unione Europea aveva ordinato 200 milioni di dosi ed è pronta a esercitare l’opzione per altre 100 mila. Il Regno Unito ne aveva ordinate 30 milioni ma oggi Johnson ha parlato di 40 milioni. Gli Stati Uniti, che puntavano molto sul vaccino di Moderna, hanno ordinato 100 milioni di dosi ma hanno l’opzione per arrivare a mezzo miliardo. Il Giappone ha prenotato 30 milioni di dosi e il Canada altre 20, con l’opzione di arrivare a 76 milioni. Facendo un rapido calcolo si parla di più di un miliardo di dosi. Con il massimo impegno possibile, Pfizer e Biontech sperano di produrre 1,3 miliardi di dosi l’anno prossimo.
“Dovremo fare in modo di trovare una maniera per distribuire il vaccino in maniera equa”, ha commentato Sahin. Le due aziende farmaceutiche hanno fatto sapere che entro fine anno potranno essere vaccinate, nella migliore delle ipotesi, 25 milioni di persone.
Quel che è certo è che, tutta la produzione prevista per il 2021, non lascerà spazio per il Sudamerica, per l’Africa, per quasi tutta l’Asia. Moderna e AstraZeneca, le altre due società occidentali più avanti nella sperimentazione, dovranno cercare di arrivare prima della Cina e garantire una distribuzione improntata anche a una logica umanitaria.
Fuori dai giochi alla corsa al vaccino è la Russia dove, secondo alcune indiscrezioni, la produzione del vaccino russo non riesce a tenere testa nemmeno alla domanda necessaria per completare la fase sperimentale.
La Fda chiede per l’approvazione di un vaccino anti Covid un’efficacia di almeno il 50%; nessun vaccino ha un’efficacia del 100%, secondo i dati Oms. I vertici delle case farmaceutiche hanno sempre detto che le dosi del vaccino contro il Covid-19 saranno sufficienti a immunizzare dai 15 ai 20 milioni di persone.
L’efficacia al 90% del vaccino è stata commentata così da Anthony Fauci, il massimo esperto di malattie infettive del governo, citato dall’Associated Press. “Non molte persone si aspettavano che sarebbe stato cosi’ alto”, ha aggiunto, assicurando che ci sarà “un impatto importante sulla risposta al Covid”.
Il presidente Usa eletto, Joe Biden, ha espresso le sue congratulazioni per i progressi del vaccino Pfizer: “E’ un notizia eccellente”, ma per “la fine della battaglia contro il Covid-19 ci vogliono ancora mesi”. “Anche se arriverà e alcuni americani verranno vaccinati nei prossimi mesi, ci vorranno altri mesi prima che il vaccino venga diffuso nel Paese”. Da qui l’appello di Biden a usare la mascherina, “che resta un’arma piu’ potente contro il virus”.
Più cauto su Facebook il ministro della salute Roberto Speranza: “Le notizie di oggi sul vaccino anti-covid sono incoraggianti. Ma serve ancora tanta prudenza. La ricerca scientifica e’ la vera chiave per superare l’emergenza. Nel frattempo non dobbiamo mai dimenticare che i comportamenti di ciascuno di noi sono indispensabili per piegare la curva”. Il virologo Roberto Burioni, tramite il suo portale “Medical Facts”, ha commentato così: “È efficace al 90%, forse ci siamo. I risultati preliminari del vaccino Pfizer sembrano ottimi – aggiungendo – Teniamo duro, perché tra poco potrebbe arrivare la conferma definitiva dell’efficacia e a breve la fine di questo incubo che stiamo vivendo da molti mesi”.
Immediata la reazione delle borse mondiali, che all’annuncio hanno fatto registrare un rialzo: Piazza Affari ha toccato anche il +6,3%, per poi attestarsi sul +5,8%, ritornando ai livelli di marzo, al pari di Francoforte e Parigi. Il petrolio in particolare è balzato a +8% nella prospettiva di una potenziale ripresa dei consumi e di conseguenza della produzione industriale, oltre che della circolazione su larga scala