Il Piano Solo, ideato nel 1964 dall’allora comandante dell‘Arma dei Carabinieri Giovanni de Lorenzo fu un tentativo di colpo di stato. Il Piano Solo fu predisposto con l’intenzione di “tutelare l’ordine pubblico” e approvato da Antonio Segni, Presidente della Repubblica.
Piano Solo: de Lorenzo a Roma
Nel marzo 1964, Il comandante dell’Arma Giovanni de Lorenzo organizzò un incontro con i comandanti delle divisioni di Milano, Napoli e Roma per concretizzare un piano atto a rispondere ad una situazione emergenziale. Tale emergenza risiedeva nel fatto che ci fosse il rischio di ascesa e presa di potere del PCI e dei suoi alleati.
Nel giugno dello stesso anno, alle celebrazioni per la festa della Repubblica presenziarono moltissimi militari. Qualche giorno dopo, in occasione della parata per il 150esimo anniversario dell’Arma dei Carabinieri, sfilarono una serie di mezzi ed armi pesanti tecnologicamente avanzati.
A seguito della sfilata, de Lorenzo ordinò che le truppe si trattenessero fino al mese successivo per questioni “di ordine logistico”. Nei giorni successivi una serie di sottoufficiali addestrati all’utilizzo delle sopra menzionate apparecchiature raggiunsero la capitale e Milano. L’idea era di essere pronti, in caso il piano venisse attuato, ad occupare le sedi della Rai.

Moro, la caduta ed il secondo governo
Il 25 giugno dello stesso anno il governo Moro perse la maggioranza e rassegnò, l’indomani, le dimissioni. Segni però non contemplava l’ipotesi di cercare coesione tra i partiti si centrosinistra; reputava, infatti, che ciò avrebbe destabilizzato la democrazia italiana. Il 28 giugno, Segni ebbe una riunione con il capo di Stato Maggiore della Marina e quello dell’Aeronautica; il generale Aldo Remondino e l’ammiraglio Ernesto Giurati erano a conoscenza del fatto che, probabilmente, avrebbero dovuto trasportare alcune persone ritenute “pericolose e sovversive” in Sardegna. Nel corso delle consultazioni precedenti la nomina del nuovo governo Segni convocò ufficialmente de Lorenzo. Erano pronti ad agire.
Tensioni tra Segni e Moro
Segni si contrappose al premier uscente Moro relativamente al fatto che, con le sue proposte, avrebbe avvicinato gli interessi della DC a quelli del PCI. A questo proposito, Segni aveva ragguardato Moro, proponendo in alternativa un governo tecnico gestito da Merzagora – presidente del Senato – sostenuto dalle forze armate. Merzagora aveva già pubblicamente dichiarato la necessità di un governo d’emergenza, richiamando le attenzioni dei giornali.
Le dimissioni di Segni
Nel luglio ’64, Moro si recò al Quirinale per intrattenere delle trattative con il PSI. Nenni, leader del Partito Socialista Italiano, contrattò con Moro e decise di ridimensionare i propri piani: la crisi era rientrata. Il giorno successivo all’insediamento dell’esecutivo, Segni ebbe un ictus cerebrale durante una accesa discussione con Moro e Saragat; da quell’evento però, Segni non si riprese mai del tutto e si dimise, qualche mese dopo, lasciano il posto a Saragat.
Le rivelazioni, le indagini e la desecretazione del Piano Solo
Il piano di de Lorenzo rimase secretato fino al 1967, anno in cui Eugenio Scalfari e Lino Jannuzzi lanciarono una campagna giornalistica su L’Espresso – di cui Scalfari era direttore. Tale campagna ricostruiva gli eventi intercorsi tra la fine del I governo Moro e la ricomposizione dell’esecutivo, descrivendo tale periodo “il bimestre nero” come un tentativo di golpe incompiuto. Alla pubblicazioni di tali ingiurie seguì la querela da parte di de Lorenzo dei due giornalisti: vennero condannati in primo grado, ma in secondo grado sopravvenne la remissione della querela.
Il ministero della Difesa diede il via allora ad una serie di inchieste, sostituendo de Lorenzo con Giorgio Manes – storicamente in conflitto con l’ex comandante dell’Arma. Manes, fu uno dei primi militari ad ammettere l’esistenza del Piano Solo e, preso il posto di de Lorenzo diresse le investigazioni ordinategli dalla Difesa, redigendo un rapporto finale a riguardo.
A seguito dell’istituzione di una commissione parlamentare d’inchiesta, si ritenne illegittimo il comportamento tenuto da de Lorenzo ma, al contempo, si bollò il suo piano come irrealizzabile e frutto di fantasticherie, negando che fosse un tentativo di colpo di Stato. Alcuni dei materiali furono omessi per motivi di sicurezza pubblica, materiali che sarebbero stati utili a vagliare un giudizio finale appropriato.
Nel ’68 de Lorenzo divenne deputato del PDIUM e cercò, con questo escamotage che si realizzò in una mozione, di organizzare lo svolgimento dei lavori d’inchiesta parlamentare che riguardavano proprio lui. Come si può immaginare, nel dicembre del ’70 l’inchiesta si concluse: esclusa la tesi del tentato colpo di stato poiché il Piano sarebbe rimasto solo una bozza. Nel 1990, Andreotti deliberò che si desecretassero documenti precedentemente omessi; emerse che de Lorenzo aveva previsto anche di occupare la sede del PSI con 20.000 carabinieri.

Il contenuto del Piano Solo
L’idea al centro del Piano solo era quella di controllare militarmente i centri nevralgici dello Stato, occupandoli fisicamente. A seguito delle occupazioni, sarebbe seguito l’allontanamento dei “sovversivi” e la loro detenzione precauzionale in alcuni centri militari designati a tale scopo. De Lorenzo aveva comandato la redazione della lista dei soggetti che costituivano un rischio per la Repubblica; tale lista venne depositata al Sifar. Al controllo delle istituzioni sarebbe seguito quello dei servizi di informazione e di trasporto.
Un “giallo storico”
Il piano fu ricostruito ex post e sicuramente il fatto che molti dossier e documenti furono letteralmente distrutti giocò un ruolo rilevante nell’andamento delle indagini. Proprio per questo motivo, e perché tale piano sarebbe stato integrato ad una serie di altri progetti militari secondari, il piano non risulta ancora storicamente nitido. Sicuramente, fondamentale sarebbe stato il ruolo di Segni che, visto l’impedimento fisico, non poté “giocare tutte le sue carte” e lasciò il dubbio di ciò che avrebbe fatto alle commissioni d’inchiesta.
Sicuramente, nonostante in Italia ci fossero diversi piani militari da attuare in situazioni emergenziali, il Piano Solo si distingueva per due aspetti: la segretezza e l’esclusività dell’Arma dei Carabinieri rispetto ad altre forze intermedie, coordinate a livello di prefetture. Del resto, anche il nome del piano denotava tale esclusività: si scoprì, infatti, che il colonnello Bittoni lo aveva chiamato così proprio perché il piano includeva solo i Carabinieri.