La vicenda di Pietro Pacciani si intreccia con il Mostro di Firenze nel 1991, anno in cui l’agricoltore si trovava in carcere per altri motivi. Il profilo di Pacciani non lo face apparire agli inquirenti come un santo; anzi, era considerato il sospettato perfetto. Ma chi era l’agricoltore toscano e perché proprio lui venne accusato di essere il mostro?
Pietro pacciani, il contadino assassino
Nato a Ampinana nel 1925, ex partigiano, Pacciani non era certo una persona tranquilla. A causa del suo carattere irascibile e del suo passato come mangiafuoco nelle fiere paesane venne soprannominato il Vampa. Una caratteristica che costerà la vita a un suo rivale in amore, ucciso dopo essere stato sorpreso in atteggiamenti intimi con la sua fidanzata di allora. Pietro assassinò senza rimorso l’uomo e costrinse la ragazza ad avere un rapporto sessuale accanto al corpo esanime. Processato e condannato a 13 anni di carcere, dichiarò di essere stato accecato dal furore alla vista del seno sinistro della fidanzata. Lo stesso seno sinistro che venne asportato in 2 dei 7 duplici omicidi del mostro.
Pacciani commise nella sua vita altri reati, altrettanto gravi. L’azione più infima e sinistra fu senza dubbio l’incesto, frutto di un rapporto morboso con le figlie. Il presunto Mostro di Firenze venne accusato di aver più volte picchiato e abusato delle sue due figlie, oltre che della moglie. Obbligandole ad avere rapporti sessuali con lui e a compiere altre azioni che sarebbe meglio non descrivere. Atti osceni che traghetteranno l’agricoltore in carcere dal 1987 al 1991.
Perchè Pietro Pacciani?
La polizia si convinse gradualmente della colpevolezza di Pacciani, perché con gli indizi a suo carico il puzzle stava prendendo finalmente forma. Stando a quanto documentato, l’agricoltore aveva già ucciso e la sua storia famigliare si commentava da sola. Ma come sarebbero approdati a lui? Innanzitutto, era solito scrivere la parola Repubblica senza una “b”, un indizio che lo collegava alla busta con il lembo di seno inviata dal killer nel 1985. Inoltre, possedeva giornali e riviste che parlavano del Mostro di Firenze con sottolineature a matita. Pacciani aveva un legame con tutti i luoghi in cui il serial killer aveva colpito: Mugello, Val di Pesa, Signa e Calenzano. Tuttavia, ciò che veramente incastrò il contadino fu un blocco da disegno, un portasapone e una cartuccia che potevano essere in possesso del solo mostro di Firenze, perché appartenuti alle vittime.
Il processo a Pacciani e il ruolo degli amici di merende
Il 17 gennaio 1993 Pacciani venne arrestato e iniziò così il processo di primo grado. La squadra Antimostro capitanata da Perugini era convinta di avere tra le mani il serial killer di coppiette. Tanto è vero che il primo processo si concluse con una condanna all’ergastolo. Tuttavia, il processo di appello ebbe fine nel 1996 con l’assoluzione dell’imputato da tutte le accuse. Un’assoluzione indubbiamente frutto dell’abilità dell’avvocato Nino Marazzita. Ma la pace di Pacciani durò molto poco, la Cassazione annullò l’assoluzione e diede il via ad un nuovo processo di appello. Un ultimo processo che introdusse la complicità dei Compagni di merende, accidentalmente rinominati da uno dei sospettati. I complici, secondo l’accusa, sarebbero stati Giancarlo Lotti e Mario Vanni. Purtroppo, però, Pacciani non arriverà al processo: venne stroncato da un infarto il 22 febbraio 1998. L’inchiesta portò in conclusione alla condanna della coppia di guardoni all’ergastolo.

I dubbi sulla colpevolezza
Pietro Pacciani agli occhi della Magistratura era il sospettato perfetto, il Mostro di Firenze che l’opinione pubblica avrebbe voluto. Ma forse la caccia alle streghe verso l’agricoltore non aveva portato al nome del vero mostro. Certo, Pacciani era un mostro, se così possiamo definirlo, però non l’uomo giusto. Dopo la sua morte le teorie sulla sua presunta innocenza si sono sprecate. In primo luogo, gli elementi a suo carico erano piuttosto deboli. Successivamente, la prova inconfutabile del proiettile trovato nel 1992 nell’orto dell’agricoltore non era poi così chiara. A confermarlo il cosiddetto Anonimo Fiorentino, un misterioso personaggio che negli anni ’90 spedì una serie di lettere anonime alla procura, agli avvocati e ai giornali. Si trattava di lettere piene di invettive e con tono di sfida verso gli inquirenti. Una missiva dell’anonimo datata 18 novembre 1991 avvisava l’avvocato Fioravanti, il legale di Pacciani, in merito a un possibile interramento della pistola calibro 22 da parte di terzi nel giardino del povero Pacciani. I dubbi non si conclusero, anzi. Tuttora la colpevolezza di Pacciani, un personaggio certamente complesso, è messa in discussione. Alcuni sostengono che il vero Mostro di Firenze sia ancora in circolazione.
E se fosse unicamente a conoscenza di qualcosa? Se avesse raccolto quegli indizi ingenuamente? Se fosse stato pagato per uccidere? Infine, se fosse stato un vile guardone, ma non il Mostro di Firenze?
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