Se l’inflazione cresce più del Pil forse non è il caso di entusiasmarsi troppo. Persino se si fa parte di quel sistema mediatico perennemente zerbinato di fronte al potere. Certo, l’economia è ripartita. Ma definire la ripresa come “rimbalzo tecnico” sarebbe forse più corretto. Ricordare che si resta comunque al di sotto dei livelli pre Covid non sarebbe male. Precisare che anche prima del Covid eravamo l’unico Paese avanzato a non aver ancora recuperato i livelli precedenti alla crisi del 2008 sarebbe cosa buona e giusta.
Invece ci si entusiasma a comando, fingendo di ignorare che una crescita legata solo agli aumenti dei prezzi non è particolarmente solida e rassicurante. Nell’edilizia i prezzi dei materiali sono andati alle stelle, in alcuni casi con incrementi del 100%. Effetto del superbonus, e non ci crede nessuno alla carenza del materiale. I microchip servono in altri settori. In più mancano le imprese che aderiscono al superbonus mentre il governo di Sua Divinità Mario Draghi tace su un’eventuale proroga per sopperire alla cialtronaggine di molte imprese.
Ma i rincari coinvolgono anche il cibo, l’abbigliamento. Aumentano i prezzi della ristorazione, approfittando della voglia di uscire, di tornare a cenare fuori casa e in compagnia. Inevitabile dopo gli arresti domiciliari di massa ed il terrorismo mediatico degli esperti di farfalle. E subentra anche la solidarietà nei confronti dei ristoratori chiusi troppo a lungo. Peccato che la risposta alla solidarietà sia un aumento, ingiustificato, dei prezzi.
Per un po’ tutto funziona. Anche perché, con la reclusione, sono aumentati i risparmi delle famiglie che ora hanno una spinta psicologica a spendere. Poi, però, si tornerà a fare i conti ed i furbetti degli aumenti potrebbero ritrovarsi alle prese con una flessione della clientela. L’importante è che a quel punto non vadano a pietire il sostegno pubblico. Perché se i prezzi li stabilisce il mercato, allora anche chiusure e fallimenti devono dipendere dal mercato.