Peggio di noi, solo la Spagna del compagno Pedro Sanchez. Il 2020 si è chiuso con un calo del Pil italiano pari all’8,9% grazie ad un quarto trimestre che ha visto la flessione limitarsi al 2%. La Spagna progressista ed illuminata registra un calo dell’11% ma la Germania riesce a contenere la flessione al 5,3%.
Non c’è molto da festeggiare per i dati dell’Istat. Perché sono stati accompagnati dalle indicazioni sul crollo dell’occupazione, soprattutto quella femminile. Un crollo concentrato nel settore dei servizi mentre l’industria ha registrato minori problemi. Ma senza servizi adeguati, l’industria si ritrova priva di prospettive future. Diventa vecchia e poco competitiva. Inoltre la crescente disoccupazione riduce la capacità di spesa e porta, in tempi brevi, ad una diminuzione degli acquisti e, di conseguenza, anche della produzione industriale.
“Inoltre, come mostra chiaramente il grafico qui sotto – ha commentato Gian Primo Quagliano, presidente del Centro Studi Promotor – il Pil italiano prima della pandemia (contrariamente a quello di tutte le altre grandi economie avanzate) non aveva ancora recuperato il livello del 2007, cioè il livello precedente la crisi dei mutui subprime. Il Pil del 2019 infatti accusava ancora un calo sul 2007 del 3,8%. Con la pandemia il Pil italiano nel 2020 ha portato questo calo al 12,3%”.
