Ogni tanto ci arrivano anche gli americani. Persino i progressisti. Con calma, molta calma, si accorgono di quanto sta avvenendo in casa loro. Ovviamente gli esponenti del politicamente corretto in salsa yankee non capiscono il perché, ma si limitano ad osservare la situazione ed a preoccuparsi. Poco meno di un omicidio al giorno a Washington, con i reati concentrati nei quartieri afroamericani. E che fa un americano politicamente corretto di fronte a questa situazione disastrosa? Ovviamente non interviene per metter fine ai crimini, ma si scaglia contro i bianchi che si occupano del problema solo adesso che i criminali stanno invadendo anche i quartieri wasp.
Allo stesso modo il politicamente corretto strilla per impedire, o comunque ridurre, la vendita di armi regolare e finge indifferenza di fronte ad una realtà di armi detenute illegalmente. E si cerca di non ammettere che la guerra scatenata contro la polizia dopo la morte di Floyd ha creato un risentimento generalizzato nelle forze dell’ordine nei confronti della comunità che li odia.
Con il meraviglioso risultato di un livello altissimo di omicidi ed un livello bassissimo di assassini scoperti.
Ma ciò che è più grave, e perfettamente in linea con lo stile di vita americano, è che nessuno della banda dei radical chic yankee si degna di cercare le ragioni del disastro. La tolleranza obbligatoria della società nei confronti dei delinquenti, purché appartenenti ad una minoranza etnica, determina la certezza dell’impunità e favorisce il crimine, la via più breve per ottenere il denaro che è l’unico metro di giudizio per gli Usa.
Ed è significativo che, per i radical chic americani, i colpevoli siano sempre e comunque i bianchi. Anche quando sono le vittime degli assassini afroamericani. Si vogliono creare, a tutti i costi, le condizioni per una sorta di guerra civile depotenziata ma continua. Perché a qualcuno fa comodo così. Come fa comodo, in Italia, creare contrapposizioni prive di senso su qualsiasi tema.