Equinozio. È iniziato l’Autunno. Ed è iniziato con una grande Luna in cielo. Una Luna immensa, in una notte ancora tersa, ché, almeno qui, stiamo vivendo una coda dell’estate. Una lunga stagione fresca nelle prime ore del giorno, poi via via sempre più calda… Un calore meno ardente, in qualche modo stanco, eppure piacevole. Un tempo, a Roma, si parlava di Ottobrate…
Nelle lontane Americhe, quelle che ancora non avevano dovuto subire la cosiddetta “scoperta” attribuita a Colombo – anche se sempre più, ormai, emergono documenti che la mettono in discussione – i popoli la chiamavano la Luna del raccolto… popoli dediti ad attività agricole, che richiedevano una particolare attenzione per la Luna, e per i suoi diversi volti.
Perché l’Autunno non è solo stagione di semina, come in una certa oleografia da vecchie stampe popolari. O come appare nei colori soffusi ed attenuati del Fattori e dei macchiaioli toscani. È stagione di raccolto. Di abbondanza. L’ultimo dono della Terra prima del gelo invernale. Che, un tempo, significava sospensione di ogni attività. E ritirarsi come gli orsi in una sorta di letargo, consumando le provviste.
Anche le guerre venivano sospese. Marte governava da primavera a fine estate. Poi, con l’equinozio, gli subentrava Quirino. Che è Dio agreste. E richiede la pace. Manteneva il dominio sino a Febbraio, alle Feste in suo onore. Il fermento della rinascita della Natura, riportava in auge Marte, o Mavros, come ancora lo chiama Lucrezio. E con lui, il conflitto e le guerre.
I sapori dell’autunno sono molti. Come i suoi frutti. Con settembre vanno sparendo i fichi; gli ultimi sono i più dolci, perfetti per essere essiccati al sole di ottobre. E poi utilizzati lungo l’inverno. I Romani li utilizzavano per un piatto prelibato, una vera leccornia. Il Ficatum, o jecur Ficatum. Il fegato con i fichi. Di cui vi è ancora memoria nella ricetta più antica del Fegato alla Veneziana. Che, appunto, prevede i fichi secchi, accanto alla cipolla.
Poi vi sono i cachi. Dolcissimi e splendenti sui rami. Un albero carico di cachi ti trasporta con la fantasia nel Giardino delle Esperidi. Al limite del mondo. Ove i frutti d’oro garantiscono l’immortalità.
E le castagne. Da cui si ricava, fra l’altro, quella farina dal sapore dolce con cui si fa il castagnaccio. Aromatizzato con le foglie aghiformi del rosmarino.
E arrivano le melograne. Il frutto sacro a Persefone. E alla Madonna del Melograno, che dell’antica Dea rappresenta il sincretismo cristiano. A fine Autunno, alla vigilia del Solstizio, a Natale, non dovrà mai mancare una melograna sulla tavola della festa. È beneaugurante. I Dolcissimi semi avvolti nella dura scorza, rappresentano la rinascita. Della natura. E dell’anima.
E Persefone è uno dei volti della Luna.
Perché, appunto, molti sono i volti della Dea che illumina la notte. E molti i nomi. Diana o Artemide, Selene, Iside, Ecate… Luminosa e oscura, ma sempre, comunque, Donna. Che governa i cicli dei raccolti. E le maree. E quindi lo scorrere del tempo. E il mutare del clima, delle stagioni. La metamorfosi che è la regola del Cosmo. Perché, come dice Ovidio, il Cosmo viene generato e sempre rigenerato dal Caos primigenio. E la forza che governa questo processo instancabile è Eros. Amare la Donna è amare la Luna. Gli incantati dialoghi di Leopardi con la Luna, che attraversano tutta la sua produzione lirica, sono, in realtà, parlare con la Donna Assente. Una presenza sempre inseguita. E sempre sfuggente.
Questa è, appunto, la prima Luna piena d’autunno. Ed ha una suggestione tutta particolare. Evoca memorie ancestrali. Storie che credevi dimenticate. O addirittura di non conoscere. E ora ritornano, come foglie portate dal vento. Effimere, forse, ma di indicibile bellezza nel mutare dei colori, ora sfumature tenui, ora sgargianti e violenti.
L’Autunno è la stagione in cui sempre mi appare più palese, più chiaro, il principio di metamorfosi che informa la vita in tutti e suoi aspetti. Fisici e metafisici.
Stamattina, spiegavo Ovidio ai miei allievi. Partendo dal, cosiddetto, Opus Remissum. Dalle composizioni erotiche della giovinezza, Ars Amatoria, in primis. Molti sogghignavano, ammiccavano. Ma una mi ha chiesto: ma che c’entra questo con quello che ha scritto dopo ? Mi sembra così diverso…
E invece no, le ho risposto. L’Ovidio giovane che parla di seduzione e della caccia alla Donna come preda, è lo stesso che canta i miti delle Metamorfosi. Che sono comunque determinati dalla potenza dell’eros.
Mentre parlavo, guardavo dalla finestra i segni dell’autunno. Alberi che andavano spogliandosi. Cumuli di foglie ormai secche al suolo. E ripensavo all’estate appena conclusa.. E alla primavera ormai lontana. Belle stagioni, certo. Intense. Vitali. Eppure, nell’autunno vi è qualcosa che mi attrae di più. Una bellezza più profonda e delicata. Una dolcezza sconosciuta…
Sarà la stagione. Sarà la mia età…