Il mercato di Porta Palazzo a Torino, uno dei più pittoreschi d’Europa. Però puzza. Un tanfo fastidioso, un misto di sporcizia materiale e morale.
Tanti colori, ampia offerta. E ancora cattivo odore. Persistente.
Troppo facile, ed anche stupido, dar la colpa alla mescolanza delle genti. Perché puoi andare nei mercati africani subsahariani e non trovi questo olezzo fastidioso. Non lo trovi nel mercato di Istanbul, nei mercati per nulla puliti del Sud Est asiatico, in quelli ipercolorati dell’America Latina.
A volte ti ritrovi con l’odore penetrante del pesce non più fresco, ti infastidisce lo smog nei mercati delle città con eccesso di traffico. Ma non è mai quella puzza che pervade Porta Palazzo.
Altrove ci sono spezie a diffondere nell’aria una fragranza ben precisa, persino l’odore del sangue degli animali macellati ed esposti all’aria è meno fastidioso del tanfo di marcio e di sporco del principale mercato all’aperto torinese. La frutta profuma di meno e non riesce a sovrastare il puzzo di fondo? Il pesce è troppo fresco per imporre la sua presenza olfattiva?
O il cattivo odore, che si espande nei tram e negli autobus che attraversano il mercato, serve a rimarcare una cattiva mescolanza? Perché la mescolanza di popoli e di razze è presente anche in Asia Centrale, negli ex Paesi sovietici, ma i mercati sono un’esplosione di colori e di profumi anche quando l’igiene lascia a desiderare.
Ora il mercato torinese verrà trasformato. Inserendo ristorantini fighetti. E allora forse il fetore dipende solo dai lavori in fase di ultimazione. Ma se così non fosse, diventerebbe interessante osservare il comportamento della gauche caviar che frequenterà i nuovi locali. Perché affrontare la fama di un’area malfamata può anche essere eccitante, dribblare gli spacciatori è già un passo eccessivo per molti, ma andare a spendere pacate di denaro per poi godersi una passeggiata nel fetore è davvero troppo.