Mi scorre sotto gli occhi uno dei tipici (ormai) post ferragostani. Una doppia foto. Da un lato una donna (afghana? saudita?) totalmente avvolta da un Burkha nero. Dall’altra un splendida figliola in bikini ridottissimo, con le terga splendenti al sole… e, ovviamente, la scritta: preferisco l’occidente!
Sulle prime mi viene da sorridere. Un sorriso stanco. Annoiato. Di roba così ne ho vista, e continuo a vederne, a bizzeffe…
Meglio andare avanti…
Però, poi, ci comincio a pensare un po’ sopra, e…
Ma è davvero questo l’Occidente che dovremmo preferire? Certo, la ragazza della foto è molto bella… almeno così appare. E la talebana, o quel che è, mi induce un po’ di… tristezza. Tuttavia quella donna velata di nero rappresenta una tradizione. Che non è la mia e che, a livello anche estetico, non mi piace.
Però dietro quell’abito, per me, per noi anacronistico, si celano legami familiari, religiosi, etnici… c’è una storia. Fatta, ci piaccia o meno, di appartenenze, credenze tramandate, usi. Costumi, o meglio, alla latina, “mores”.
Ma dietro ai glutei nudi cosa c’è? Che cosa ci dicono (senza alcuna, bassa, ironia)?
Una società totalmente presa dall’edonismo. Dal culto di se stessi. Del corpo. Vero o, sempre più spesso, finto. Creazione della chirurgia estetica. Quando non, ormai, illusione generata con l’intelligenza (Sic!) Artificiale.
Quella donna vestita di nero evoca gli shaid, pronti ad immolarsi per la loro fede. Forse l’asprezza delle montagne afghane, con i guerrieri pashtun. Pastori orgogliosi che hanno sconfitto per due volte i tentativi di conquista dell’Impero Britannico al suo culmine. Che hanno fermato e dissanguato i sovietici. Costretto ad una fuga ignominiosa gli americani. Che si credevano invincibili padroni del mondo.
E l’Occidente? Da che cosa è rappresentato? Non certo da una bella ragazza in bikini. Che, certo, è pur sempre meglio delle assurde figure Gender che ci vengono sempre più proposte, e imposte da certi ambienti di potere.
Ma anche lei non è, comunque, qualcosa che possa identificare una cultura. Una tradizione. Per lei, per quella figura esposta, non c’è mai stato, né mai ci sarà qualcuno davvero disposto a combattere. E morire… se non in senso metaforico, e, ad esser schietti, piuttosto greve e triviale.
Il mio Occidente… non una dimensione geografica. Piuttosto un luogo dell’anima. E il deposito di ben altre immagini. Dimenticate.
Le legioni di Roma che avanzano a quadrato. Il volto di Aristotele mentre insegna ai discepoli. Passeggiando sotto i portici del Lyceo.
Achille che affronta Ettore. Sigfrido che uccide il Drago. Cuchullin che guida il Ramo Rosso in battaglia.
Saffo che intona i suoi canti.
La bellezza di Beatrice nei versi di Dante. Hamlet ed Ofelia. La pittura dei pre-raffaeliti.
Gli Scrovegni affrescati da Giotto. La Sistina e le Stanze della Signatura.
L’Aereoplano di Sironi.
La Passeggiata di D’Annunzio.
La poesia del Faust. Cervantes che perde una mano combattendo a Lepanto.
Il Don Giovanni di Mozart.
Sant’Andrea dell’Alberti…
Immagini, frammenti che emergono alla rinfusa. Dalla mia memoria, e da una memoria corale. Ciò che per me è l’Occidente. O meglio, ciò che dovrebbe essere….
Riguardo quelle due foto. E la scritta: Preferisco l’Occidente.
Abbiamo già perso.