Il salmone? 300 euro al kg. L’insalata di mare a 90 euro, il cocktail di gamberi a 75 (ma pochi gamberi e tanta salsa). Prezzi di una gastronomia neppure troppo centrale e per nulla famosa. Ovviamente nessuno mette in discussione il libero mercato e, di conseguenza, la libertà di imporre i prezzi che si vogliono per prodotti non indispensabili. A patto, però, che poi non si vada a pretendere un intervento pubblico per sostenere i negozi in crisi.
Perché è facile, per Carlo Sangalli, presidente di Confcommercio, andare quasi quotidianamente sulle reti Mediaset a chiedere interventi a favore per il settore quando poi, il suo settore, scarica ogni problema sui prezzi al pubblico. Per poi lamentarsi se i consumatori non possono più permettersi di fare acquisti nei negozi. Consumatori tra i quali rientrano anche i dipendenti malpagati dei medesimi negozi.
“Ma lei ha speculato?”. A fronte dell’innovativa strategia dei negozianti che aumentano i prezzi, anche le domande dei giornalisti del servizio pubblico denotano una grandissima qualità. L’intervistatrice chiede al titolare di un banco al mercato se i prezzi non sono eccessivi. E si illumina di immensa felicità quando il mercatale assicura che i prezzi sono stati aumentati del minimo indispensabile, forse anche meno, proprio per andare incontro alle difficoltà della clientela. In fondo che sono mai 300 euro per il salmone? Un regalo o quasi. Sono 100 ore di lavoro in qualche campagna, sono un terzo o un quarto di uno stipendio per molti italiani.
Mica è indispensabile mangiare salmone, però. E perché pretendere di mangiare una insalata di mare quando si può festeggiare Natale con un tozzo di pane ed un sorso d’acqua? Giusto. Però è anche giusto che chi si ritrova con il cibo invenduto se lo mangi per conto proprio senza andare a frignare ed a chiedere sovvenzioni pubbliche.
Manca, totalmente, un rapporto tra retribuzioni e prezzi. Come se fossero due realtà completamente staccate, indipendenti.
Le feste finiranno, il salmone resterà un obiettivo per il prossimo anno, ci sarà un anno di tempo per rendersi conto che la realtà è diversa da quella raccontata in tv. E, nel frattempo, qualche genio dei rincari avrà chiuso bottega.