Provare a percorrere i primi passi per la costruzione di un partito serio della sinistra o puntare su Elly Schlein? Il dubbio, per il Pd, è tutto qui. Perché la candidatura di Cuperlo è poco più di una bandierina per mantenere le posizioni e farle pesare nella seconda fase. Mentre la candidatura di De Micheli è una semplice provocazione al buon senso, dopo la pessima figura come ministro.
Stefano Bonaccini, al contrario, potrebbe davvero rappresentare la svolta per un Pd in caduta libera. Anche se la sua campagna elettorale per le primarie oscilla tra il buon senso, che lo ha portato a scegliere una squadra di buon livello, e la genuflessione al politicamente corretto che gli garantirà il voto dei suoi compagni ma non quello degli italiani quando proverà ad uscire dal mondo irreale dei gazebo.
L’Italia ha bisogno di idee per creare lavoro e gli adepti del pensiero unico obbligatorio propongono gli asterischi nelle mail indirizzate a car* compagn*. L’Italia avrebbe bisogno di una politica estera coraggiosa e indipendente e la risposta è nello spalancare i porti ai tassisti dei clandestini. Il tutto accompagnato dal servilismo nei confronti dei magistrati, dalla passione per l’aumento di tasse e balzelli, dalla lotta contro il ceto medio condivisa con la destra fluida di governo.
Però Bonaccini mette in campo l’asse con alcuni amministratori locali scelti tra coloro che hanno lavorato bene sul territorio, meritandosi il sostegno dei propri cittadini. Sembra davvero il minimo sindacale, e lo è. Ma per il destracentro afflitto dalla mancanza di una classe dirigente adeguata sarebbe già un miracolo.
Il problema è che amministrare un Comune, anche di medie dimensioni, è altra cosa rispetto alle scelte strategiche di un Paese. Creare centri di accoglienza per l’emergenza clandestini è diverso dal decidere se l’esercito industriale di riserva può fare concorrenza ai lavoratori italiani. Occuparsi di parcheggi non è la stessa cosa di individuare le politiche di sostegno all’agricoltura. Aiutare una biblioteca comunale non è progettare il rilancio della cultura italiana come motore per lo sviluppo.
Però, almeno, ci sono intelligenze, competenze, anche passione. Il tutto rovinato, per la fortuna del destracentro, dall’allineamento al politicamente corretto. Ed è questo il grande ed irrisolvibile problema del Pd. Perché insistere con imposizioni di qualcosa di completamente estraneo dalla sensibilità italiana non garantisce il successo nelle urne. Nonostante il ferreo controllo sulla disinformazione, sulla gestione delle iniziative culturali, sui centri di potere.
Non a caso il destracentro tifa per Elly Schlein. Un suo eventuale successo sarebbe una garanzia per una lunga sopravvivenza del governo Meloni e per la conquista delle Regioni.