È andato avanti, direbbero gli alpini. Ma lui, Primo Siena, classe 1927, è andato avanti a passo di corsa. Perché era un bersagliere. Un bersagliere volontario, del I Mussolini. Che, poi, è il nome che prese il vecchio, glorioso VIII. Perché si formò nella caserma di Verona di questo, il primo reparto in assoluto della RSI. Anzi, prima ancora che la Repubblica nascesse. Quando Mussolini era ancora prigioniero sul Gran Sasso.
Giovani, spesso giovanissimi come Primo, corsero ad arruolarsi. Senza alcuna speranza di Vittoria. E senza alcuna ideologia. Una scelta spontanea, istintiva. E Siena, in molti dei suoi moltissimi libri, ha cercato di motivarla. Di dare al mondo, spesso arrogante, sempre ottuso, dei vincitori – ma meglio sarebbe dire di coloro che erano corsi in soccorso dei vincitori – una spiegazione delle ragioni dei Vinti. E, soprattutto, dei loro sentimenti…
Era una bella penna. E una mente acuta. Si schierò con l’MSI fin dalle origini.. .ma non era un politico. Non amava i compromessi, i maneggi, le – a volte necessarie, a volte di comodo – metamorfosi.
Certo, il suo pensiero si è evoluto nel tempo. Solo i paracarri restano fermi, gli uomini camminano. Ma nessuna evoluzione è stata determinata da interessi di comodo. Era un uomo coerente. Di una razza di italiani in via d’estinzione. Purtroppo.
Fu tra i, cosiddetti, figli del Sole. I giovanissimi di ispirazione evoliana. Con Rauti. E, soprattutto, con Enzo Erra. Altro, grande, indimenticabile, amico e mentore. Altro caratteraccio, grazie a Dio.
Divenne, nel tempo, cattolico tradizionalista. Vicino a posizioni non propriamente ortodosse, però. Come quelle di Giuliotti e, soprattutto, di Attilio Mordini. Sotto molti punti di vista, era un discepolo ideale di Giovanni Papini. Cattolico, certo. Ma non da sacrestia. Anzi, mente caustica e ribelle. Come quella di Franco Cardini.
Scrisse di molti argomenti e su molti temi. Non vivendo, certo, solo di memorie nostalgiche. Ma cercando, anzi, di trovare nella scelta della sua giovinezza, e di tanti altri giovani come lui, le ragioni e l’impulso per dare Vita ad una Italia migliore. Diversa da quella di cui, con tristezza, contemplava la sempre più travolgente deriva. E degrado.
Di qui gli scritti sulla dottrina sociale del Fascismo, in cui vedeva la possibilità di passare dalla dittatura di un Uomo, vista come mera transizione, a quella che chiamava “democrazia integrale”. Molto lontana da questa parodia in cui viviamo. E che, ogni giorno di più, si rivela mera finzione.
Di qui anche gli scritti di pedagogia. Che contrapponevano Idee, desunte e sviluppate da Gentile, alla deriva che stava distruggendo la nostra scuola. E con essa la nostra tradizione e identità. Perché Siena era, in primo luogo, un pedagogista. Che lavorò per decenni nella scuola. Al servizio del Ministero della Pubblica Istruzione, in Italia e all’Estero.
E all’estero si stabilì, alla fine. In Cile, dove ha trascorso gli ultimi trent’anni della sua lunga, e operosa, esistenza.
Ogni tanto tornava in Italia. Lo ho incontrato a Roma, alcuni anni fa. Ad una conferenza presso il circolo di Maurizio Messina. Quando seppe chi ero, o meglio quale fosse il mio cognome, disse agli altri
“Ora lasciatemi tranquillo. Voglio stare un po’ a parlare col figlio del mio vecchio camerata.”
Perché anche mio padre era dei I Mussolini. Anche lui un ragazzo, come Primo.
Mi dicono che negli ultimi tempi fosse ammalato. Gli anni erano molti. Dei ragazzi del Battaglione era uno dei pochi, se non l’ultimo ancora in vita.
Beh, Primo, ora sei tornato a correre con gli altri. Con mio padre, con Pacchioni e Pozzi, i fratelli Tonda e Verardi, Campoccia e Cassinis e tanti di cui stento a ricordare il nome.
Questo non è un addio. Spero, anzi sono certo, di rivederti un giorno.
E mi permetto un saluto retorico, forse, ma i nostri morti li salutiamo come ci pare
Primo Siena , Presente!