<Oggi la psicologia – anche la psicologia del profondo – è uno strumento dell’establishment>> (J. Hillman, Il mito dell’analisi, Adelphi, Milano 1979, p. 134).
<Secolarizzata dall’illuminismo, l’anima non poté più tenere insieme spirito ed eros. Lo spirito fu assunto dall’idealismo materialistico del progresso utilitaristico. L’eros trapassò in sentimentalismo castrato e in pornografia> (Idem, p. 145).
<Il suo pragmatismo (della psiche), nella pratica clinica come nel laboratorio, uccide la fantasia o la stravolge mettendola al servizio di scopi pratici> (J. Hillman, Re-visione della psicologia, Adelphi, Milano 1983, p. 368).
<<[…] è chi è ignorante tra gli ignoranti sarà più persuasivo di chi ha scienza. […] non c’è nessun bisogno che la retorica conosca i contenuti; le basta avere scoperto una certa qual tecnica di persuasione, sì da potere apparire ai non competenti di saperne di più dei competenti>> (Platone, Gorgia, Laterza, Milano-Bari 1997, XIII – 459b, p. 31).
Tra catastrofisti del decennio prossimo venturo e ottimisti dell’“andrà tutto bene”, c’è una minoranza sveglia ed eccitata che è assolutamente indifferente a ciò che sarà, ma vuole imporsi come pensiero attivo e critico alla morfinizzazione del presente.
È quella parte inossidabile e resistente a qualsivoglia forma di patologica normalizzazione e pretende di esercitare il diritto del desiderio, in opposizione alla finta gratificazione delle voglie sedative e dell’anestesia psichica.
È quella parte eroticamente attiva che conosce, esperimenta e caldeggia la lotta formativa per la cultura, la battaglia dello spirito contro l’uniformizzazione dell’attualità, la volontà di potenza contro l’odiernità eunuca e impotente.
È quella parte renitente alle suggestioni ansiogene del potere, e che rifiuta tutte le forme di istigazione angosciante alle sicurezze fobiche e ai rituali ossessivi che il sistema propone come gesti scaramantici di una discutibile e nefasta esistenza da gregge belante.
Minoranza, certo, a distinguersi dalla maggioranza assuefatta e inerme che supplica il padrone di liberarla da ogni rischio e pericolo in cambio della comodità asfittica dell’ignavia.
È quella parte che intende attivare il raziocinio che permette di scegliere di discriminare ciò che è propaganda di regime, condizionamento ideologico, da ciò che è promozione di conoscenza e di critica.
Psiche, ragione e spirito al servizio della verità. Ha scritto Gómez Dávila che “A caratterizzare il gusto di massa non è l’antipatia per l’eccellente, ma la passività con cui si apprezza allo stesso modo il buono, il mediocre e il pessimo. Le masse non hanno cattivo gusto. Semplicemente non hanno gusto”.
Ecco. Psiche, ragione e spirito al servizio del gusto, dello stile, in un mondo in cui ogni il pathos della distanza è confuso con il distanziamento per angoscia da virus. In azione per restituire al pensiero e alla parola il giusto pudore della profondità e della sobrietà, oltre la consueta patina di demagogico pressapochismo.
Psiche, ragione e spirito: tre relitti della post modernità covidica
