Qualche anno fa un noto imprenditore, nonché presidente della squadra di calcio di Bari, definì la sua famiglia “i Kennedy di Andria”, loro città di origine. Anni dopo la scoperta di idrocarburi nel basso Adriatico e nello Jonio faceva titolare un articolo della Gazzetta del Mezzogiorno: “ Sotto i mari della Puglia tanto gas come in Texas”. Ai tempi della battaglia del grano il Tavoliere delle Puglie era considerato “il granaio d’Italia”. Da qualche anno la Puglia è stata scoperta dal turismo nazionale ed internazionale tanto che per la seconda volta, anche nel 2021 il National Geographic, Lonely Planet ed il New York Times l’hanno rieletta Best Value Travel Destination In The World!, una delle più belle regioni del mondo.
In ragione di tutto questo la Puglia dovrebbe essere un nuovo Paradiso in cui vivere, una regione ricca economicamente, oltre che di prodotti della terra e bellezze naturali. Non si spiega invece perché, nei dieci anni dal 2008 al 2017, i giovani residenti tra i 15 e i 34 anni sono diminuiti notevolmente, passando da 1 milione e 65mila a poco più di 900mila, con una differenza dunque di oltre 150mila persone (-14 per cento), la maggior parte delle quali (135mila circa) si è spostata in altri territori della Penisola, ma (una buona fetta) anche all’estero (rapporto Svimez 2019).
Le cause, a mio avviso, sono molteplici:
1) I migliori studenti preferiscono rimanere all’estero perché ritengono di non poter ricevere offerte di lavoro adeguate agli studi conseguiti. Pochissime possibilità di crearsi una carriera e stipendi più bassi che altrove.
2) Non esiste una moderna mentalità imprenditoriale. Obbiettivo principale è rientrare di quanto investito nel più breve tempo possibile, anche a scapito della qualità. Bari, soprannominata la porta d’Oriente, è sempre stata una città commerciale, aperta in particolare ai commerci con l’Oriente. Il centro della città era ricco di negozi gestiti da veri “professionisti” del settore. Quando i figli dei vecchi commercianti sono subentrati ai genitori, molto spesso i ragazzi cresciuti nelle agiatezze e privi di esperienza e volontà di primeggiare, hanno dimostrato di non avere le capacità richieste. Lentamente i negozi simbolo dello shopping sono stati sostituiti da multinazionali.
3) Anche nel settore del turismo l’offerta di servizi di qualità spesso lascia a desiderare. Non è difficile trovare personale “stagionale” per niente preparato e professionale, spesso preso in prestito dall’agricoltura.
4) Ritenendo che i dati sulla disoccupazione del 2020 non siano significativi in ragione di tutto quello che è accaduto con l’emergenza Covid, prenderò in esame i dati del 2019. La Puglia è tra le 30 regioni in Europa con il tasso più alto di disoccupazione (16,1%).
E’ di Marzo la notizia che, per il secondo anno consecutivo, la Puglia abbia usufruito di una proroga da parte della Unione Europea per non perdere i 95 milioni di euro non spesi al 31 dicembre 2021, condizionandola a slot temporali categorici di spesa per monitorare l’evoluzione nella erogazione delle risorse comunitarie per lo sviluppo rurale in Puglia. A tale proposito è interessante la dichiarazione della Coldiretti Puglia:
“Nella lettera di risposta agli eurodeputati Fitto e De Castro il commissario europeo per l’agricoltura, Janusz Wojciechowski, aveva già anticipato la posizione della Commissione europea che ravvisava sulla spesa del Psr Puglia 2014-2020, al netto dell’emergenza pandemica causata dal Covid 19 ‘una questione più strutturale relativa alla realizzazione della programmazione che richiede sforzi da parte delle autorità per evitare che questa situazione si ripeta nei prossimi anni'”.
“Ad oggi risultano erogati 674 milioni di euro rispetto alla dotazione complessiva di 1,6 miliardi, con la burocrazia e gli errori di programmazione che hanno rubato tempo e risorse al lavoro e agli investimenti delle aziende agricole e ha impedito con le inefficienze l’avvio di nuove attività e l’ingresso dell’80% dei giovani nell’attività di impresa, a causa del significativo contenzioso in tribunale amministrativo che aveva spinto l’Amministrazione regionale pugliese ad un approccio prudente che, però, ha avuto inevitabili ripercussioni sull’avanzamento della spesa”.
“La Puglia ha speso solo il 41,4% delle risorse del Psr Puglia con un livello di spesa di molto inferiore alla media nazionale che si attesta su oltre il 58% e del 62% della spesa a livello comunitario”.