La domanda sorge spontanea: è stato Putin a spedire al Pd il più disastroso spin doctor presente sulla piazza moscovita o è stato Letta a rovinare la Russia, come il partito democratico, grazie ad un raccomandato incapace a cui è stata affidata la strategia della campagna elettorale italiana e la comunicazione della guerra in Ucraina? In ogni caso il risultato è stato pessimo.
Putin e Letta si erano illusi – insieme a Cazzullo che deve promuovere il suo ridicolo libro su Mussolini – che la minaccia di un ritorno del fascismo e del nazismo potesse emozionare i propri seguaci. Che li mobilitasse, che creasse panico, preoccupazione. Certo, in Italia si sono preoccupati coloro che vivono di prebende pubbliche ai vertici di associazioni inutili. Ma solo loro. E Putin ha dovuto rendersi conto che il 9 maggio non viene più celebrato dalla popolazione russa come giorno della vittoria contro il nazismo e la Germania ma come giornata dell’orgoglio russo messo in pericolo dalla banda di Eltsin e, prima, da Gorbaciov.
Sbagliata la premessa, Putin e Letta hanno poi dovuto affrontare tutta una serie di problemi insorti durante la campagna militare e quella elettorale. Convinti della propria inevitabile supremazia, hanno trascurato i particolari. Letta ha puntato su artisti ed influencer che hanno ormai ampiamente stufato e che si sono rivelati controproducenti. Putin su propri rappresentanti ed amici totalmente privi di empatia ed in grado, nei vari Paesi, di suscitare repulsione per comportamenti discutibili. Con un geniale ambasciatore in Italia che, insieme a Intesa Sanpaolo Russia, organizzava incontri moderati da giornalisti schierati contro la Russia.
Putin ha sbagliato completamente i conti sulla forza del proprio esercito. Letta li ha sbagliati sulla capacità di attrazione di un programma insulso e di slogan stupidi. Putin si ritrova ora con una situazione difficile sul campo e con un leader alleato ceceno che chiede maggior determinazione e più forza nella conduzione della guerra. Un falco, insomma. E Letta deve cercare nuovi alleati e non sa neppure da che parte cercarli. In campagna elettorale ha puntato sui falchi della sinistra ecologista, per ritrovarsi in realtà con dei capponi.
Putin è stato costretto ad abbandonare la logica euroasiatica per puntare soprattutto su Asia ed Africa, senza scordare l’America Latina. L’atlantista Letta non ha dovuto abbandonare nulla poiché, tanto, per lui decide Biden. Putin credeva che, per far conoscere ed amare la Russia in Europa, bastasse sostenere le piccole testate in ogni Paese, espressione del governo di Mosca. Ed ha sbagliato. Letta si era illuso di far amare il Pd fossero sufficienti i grandi quotidiani di regime, sempre meno grandi e sempre meno credibili. Putin, per glorificare la grandezza della Russia, ha spedito in giro per il mondo i propri oligarchi spesso arroganti e cafoni. Letta aveva i suoi uomini e donne con le ville a Capalbio, e aveva personaggi come Cirinnà che – quanto ad antipatia – ha davvero pochi concorrenti.
Ora è arrivato il momento di leccarsi le ferite. Per Letta è più facile: tornerà con zero credibilità ad insegnare in Francia. Putin, al contrario, dovrà trovare una soluzione vincente al conflitto oppure dovrà prepararsi ad una uscita di scena definitiva. Potrebbe anche essere traumatica, l’uscita di scena. Perché i russi difficilmente perdonerebbero una disfatta militare.