Vladimir Putin ha trionfato nelle elezioni presidenziali russe, ha vinto la guerra in Siria (anche se persino Gentiloni ha provato a prendersi i meriti), ha stipulato un accordo con i sauditi per far crescere il prezzo del petrolio, si è alleato con gli iraniani nemici dei sauditi, ha raggiunto una intesa con la Turchia rivale storico della Russia già ai tempi degli zar
Eppure a leggere le cronache dei giornali italiani o ascoltando le ricostruzioni televisive, Putin sarebbe sempre e soltanto un ex agente segreto dell’Urss impegnato ad ammazzare spie doppiogiochiste rifugiate in Inghilterra, pronto ad invadere la Polonia e i Paesi Baltici, uso ad eliminare fisicamente oppositori e giornalisti scomodi.
In pratica un killer trasformato in un leader guerrafondaio.
Non come i pacifisti presidenti americani che hanno scatenato guerre in mezzo mondo, dal Vietnam alla Cambogia, dall’Irak alla Serbia. Milioni di morti, ma per il nostro bene.
Il cattivissimo Putin, invece, costruisce a Mosca una immensa Moschea ma è un razzista perché vuole difendere l’identità russa. Peccato che i critici ignorino, o fingano di ignorare, che la Russia è un impero e, in quanto tale, è composto da etnie diverse con religioni differenti.
L’identità russa è la risultante di Europa e Asia, di cristianesimo ortodosso, islam e paganesimo, con qualche spruzzata di religioni asiatiche. Mongoli, nordeuropei, caucasici, slavi, tatari: di tutto e di più. Dovrebbe essere un modello esemplare, si è trasformato in un simbolo del male.
Merito del soft power statunitense, in grado di condizionare la percezione della realtà del mondo intero. Così un’oscura vicenda di spionaggio si trasforma in un ridicolo atto di accusa semi planetario contro Mosca.
Ma anche colpa, grave colpa, della Russia attuale che guarda con sufficienza al soft power nella convinzione, errata, che mostrare i muscoli sia sufficiente per gestire i rapporti internazionali.
L’Unione sovietica, seppure con strumenti inadeguati e insufficienti, cercava di contrastare l’egemonia americana. Puntando sulla cultura, finanziando i partiti comunisti in ogni parte del mondo, favorendo lo sviluppo di associazioni di sostegno a Mosca (chiedere alla signora Napolitano per informazioni), sostenendo scrittori, musicisti, artisti.
La nuova Russia, invece, ha favorito l’arricchimento di nuovi oligarchi che non investono in cultura ma preferiscono dilapidare fortune con squadre di calcio, yacht che assomigliano a transatlantici, mega ville.
Così in Occidente i giornalisti che plaudivano all’invasione di Budapest da parte dei carri armati sovietici (chiedere a Giorgio Napolitano) sono stati sostituiti da giornalisti che plaudono al sostegno americano ai terroristi anti Assad.
Mosca non può lamentarsi per errori di comunicazione e di gestione del potere che sono tutti suoi.