Tra gli anni Sessanta e Settanta i giovani militanti di destra nutrivano un grande interesse per tutto quanto riguardava l’esoterismo e la letteratura fantastica. Sulla scia del “pensiero Tradizionalista” di autori come Evola e Guenon, molti ragazzi che facevano fatica a riconoscersi nei valori della modernità, si rifugiavano nelle atmosfere spiazzanti ed irreali dei racconti di Lovercraft, Meyrink, Paul Anderson, E. A. Poe e Orwell. Quando poi vide la luce anche da noi Il Signore degli Anelli di Tolkien, almeno nella seconda edizione Rusconi, quegli stessi giovani furono folgorati da quei personaggi e da quegli ambienti che ricreavano un mondo in cui il Bene e il Male erano fortemente caratterizzati e in cui i protagonisti erano ispirati da valori quali il coraggio, la fedeltà, l’amicizia.
Proprio in quegli anni un punto di riferimento culturale imprescindibile divenne Gianfranco De Turris. Romano, classe 1944, dopo la gavetta in diverse redazioni di giornali, ben presto, da uomo fortemente radicato nel mondo della Destra politica ad orientamento tradizionalista, cominciò ad occuparsi ai più vari livelli di tutto quanto riguardava la letteratura fantastica. Con o senza Sebastiano Fusco, con il quale formò un binomio di indubbio successo, fondò riviste, diresse la collana L’Architrave dell’editore Volpe, collaborò a numerose testate di settore e no, tenne una rubrica su Linus, ideò e curò per dodici anni il programma L’Argonauta su Rai Radio Uno. Ancora oggi è uno dei massimi esperti del pensiero di Julius Evola di cui ha curato la riedizione delle opere per conto della casa editrice Mediterranee.
Ma forse non tutti ricordano che De Turris fu anche narratore. Prediligendo la forma del racconto, le sue creazioni erano disperse qua e là su riviste e in volumi collettanei. Il che gli ha impedito di raggiungere il grande pubblico.
Per ovviare a ciò, la casa editrice Bietti ha recentemente raccolto in volume i suoi ultimi racconti che vanno dal 1986 al 2000 (Qualcosa d’Altro, pp. 258, €16,00). Nei vent’anni appena trascorsi, infatti, De Turris ha del tutto abbandonato la narrativa dedicandosi in modo esclusivo alla saggistica. Come non citare l’abbastanza recente “Come Sopravvivere alla Modernità” (Idrovolante Edizioni, 2016, pp. 164, €14,00)?
Ma tornando alla raccolta vale la pena di avventurarsi in quel suo mondo così lontano dagli stereotipi del genere. Niente castelli avvolti dalle brume nordiche, niente porte che scricchiolano o trascinar di catene. Il fantastico di De Turris è tutto solare, mediterraneo, intriso di passione e di eros. I suoi studi relativi ai Miti, alla spiritualità, all’Alchimia, alle tradizioni pagane riaffiorano ovunque, rappresentando una sorta di biografia fatta per racconti che, va detto, nulla e tutto hanno di autobiografico. Nel senso che l’autore affiora spesso pur non essendo, come ci si può aspettare, il protagonista delle storie narrate.
Tuttavia “Qualcosa d’Altro” non rappresenta solo una curiosità per gli estimatori del suo autore, ma diventa un’occasione per avventurarsi in un tipo di narrazione che, pur essendo di genere, rappresenta una via del tutto alternativa e molto “nostra” a un filone che, a causa dell’inflazione di film prodotti in serie a Hollywood, ha perso la sua capacità di sorprenderci, affascinarci e farci provare qualche brivido.