Il sindaco di Torino, Stefano Lo Russo, comincia a fare i conti con una città che – giorno dopo giorno – lo considera un estraneo. Non che lui faccia qualcosa per smentire la sensazione. Il problema è che ha ragione lui, anche se pare brutto ammetterlo.
Nei giorni scorsi il sindaco si è scatenato con una serie di nomine. Magari non tutte di eccelsa qualità, di profilo altissimo. Ma tutti suoi fedelissimi. E perché mai avrebbe dovuto nominare i fedelissimi dei suoi avversari interni? O, addirittura, qualcuno con idee opposte alle sue? È già quello che avviene in Regione, dove presidente ed assessori del centrodestra sono facilitati dal non avere idee proprie, dunque va bene chiunque, meglio se consigliato dallo stesso Lo Russo o persino da Chiamparino.
Dunque il sindaco procede per la sua strada, recuperando anche trombati della politica che ritiene adatti a garantire l’esecuzione dei propri ordini in ogni ambito della vita cittadina. Ed il fastidio, tra gli esclusi ed i non interpellati, cresce.
Per raggiungere l’apice (per ora, perché Lo Russo riuscirà sicuramente a far imbestialire molto di più il Sottosistema Torino che lo ha appoggiato) con la nomina del presidente dell’Iren. Che sarebbe spettata a Torino, dunque a Lo Russo, ma che in realtà è stata decisa dal Pd romano. Ennesimo schiaffo ai potentati subalpini. E la giustificazione del sindaco – una nomina che esula dal provincialismo – è in realtà un atto d’accusa nei confronti della città, dei suoi oligarchi e, soprattutto, di tutta quella classe dirigente della società civile che gravita intorno al Pd.

La gauche caviar, insomma, becera ed inadeguata. Il tout Turin che si indigna nel foyer del Regio perché la città ha perso la Rai, il cinema, la moda.. (il solito inutile elenco lunghissimo delle occasioni perdute per propria incapacità). Che si lamenta, ma di nascosto, perché Enrico Salza ha regalato il Sanpaolo ai bauscia di Intesa. Evitando, ovviamente, di chiedersi perché Salza ha agito in questo modo; evitando di interrogarsi sulle proprie capacità di confrontarsi su scenari così impegnativi.
Però è brutto che un sindaco consideri “provinciali” i propri referenti della società civile. Solo perché non sono più capaci di fare impresa, non sono più capaci di fare cultura, non sono più capaci di fare ricerca, non sono più capaci di reggere il passo dei cambiamenti epocali. E che sarà mai? La gauche caviar era così felice di condividere le tartine con Littizzetto, di brindare con Evelina, di discutere di bagna caoda con Farinetti, di eccitarsi con l’ultima creazione di Kristina Ti, di entusiasmarsi per un quadro completamente incomprensibile visto alla Sandretto.
Ed adesso arriva questo noioso professore, un parvenu, a piazzare gli amici suoi (e le sue amiche) nei centri di potere? Dove andremo a finire, signora mia? Roba che, se continua così, non arrivano più i biglietti omaggio alla gauche caviar per Eurovision o per il tennis. Bisogna proprio vedersi ad Alassio uno di questi fine settimana per decidere se togliergli il saluto, a questo ingrato di sindaco..