Curioso, quasi imbarazzante, il nuovo splendido volume dedicato alla montagna dall’editore Priuli & Verlucca
D’altronde si tratta di una casa editrice che si è sempre contraddistinta per l’attenzione rivolta al mondo delle Terre Alte sotto ogni aspetto, dal paesaggio all’architettura, dalle tradizioni popolari alle manifestazioni artistiche.
Questa volta il libro curato da Aldo Audisio è dedicato ai “Menu delle Montagne”
Non un libro di cucina, perché non si tratta di ricette, ma un volume di arte poiché i menu sono quasi sempre accompagnati da splendidi disegni, incisioni, marchi elaborati e curati.
Uno schiaffo, forte e sonoro, agli insignificanti cartoncini che riportano oggi le proposte gastronomiche di molti ristoranti anche costosi
In questo senso il libro è imbarazzante poiché evidenzia la scarsa cura odierna, la scarsa attenzione per quello che, in fondo, è uno dei primi biglietti da visita di un locale.
Invece, tra fine Ottocento e lo scoppio della seconda guerra mondiale, i ristoratori prestano grande attenzione anche a questo aspetto, una sorta di marketing ante litteram. Non si tratta solo di ristoranti di prestigio e dai prezzi elevati. Ci sono anche i loro menu, ovviamente, nelle 300 pagine di grande formato del volume in italiano e inglese. E si spazia dalle Alpi italiane a quelle svizzere, francesi, austriache, per poi varcare l’oceano e ammirare i menu americani e pure quelli delle navi che attraversano i mari o dei treni che percorrevano gli Stati Uniti.
Ma nelle immagini compaiono bellissime carte dei cibi di locande situate in località per nulla alla moda. E il libro fotografico si trasforma in un volume di analisi storica e sociale perché testimonia lo sviluppo del turismo di massa tra le due guerre, con i treni popolari per portare in montagna le famiglie che mai erano uscite dal proprio paese o città.
Racconta le sempre più numerose iniziative dei Dopolavoro negli Anni 20 e 30. Operai e impiegati scoprono il mare e le vacanze in montagna, scoprono il piacere degli incontri conviviali in trattorie, locande, ristoranti. Si celebrano a tavola le feste, gli appuntamenti importanti, le ricorrenze.
Ma i menu alpini rivelano anche la diffusione di piatti per nulla tradizionali e locali
Sul Monte Bianco si gusta la mortadella bolognese e a Champoluc nel 1910, si commemora l’abate Gorret con spaghetti à la napolitaine oltre che con una ormai introvabile crème à la St.Jacques.
Non mancano neppure i conti dei pranzi o le firme degli alpinisti in occasione di incontri con famosi scalatori. Mancano, invece e per fortuna, gli orrendi menu plastificati che accompagnano tristemente piatti odierni più cari in feste meno gioiose.