Una donna rapinata a Torino, in uno dei quartieri della movida. Non sarebbe una notizia, vista la frequenza degli episodi, ma questa volta la vittima è un assessore (alla cultura) della giunta pentapoltronata di Chiara Appendino. Capita, non è che i poveri rapinatori debbano disporre di un sistema di riconoscimento facciale per distinguere le potenziali vittime, evitando di infastidire chi crea le condizioni per un clima di diffusa delinquenza.
Ma ciò che è più interessante è la reazione dei sudditi di fronte alla notizia. Un’esplosione di ilarità, di festeggiamenti, di polemiche con le medesime considerazioni: finalmente anche i politici che hanno voluto il degrado della città sono costretti ad accorgersi delle conseguenze. Poi, ovviamente, con molta calma si sono svegliati anche i sostenitori della giunta e hanno trasformato la vittima in una sorta di eroina, assicurando che avrebbe patteggiato con l’aggressore la consegna del denaro in cambio della rinuncia al furto dei documenti.
Non è neppure sicuro che la versione sia autentica, ma indubbiamente è credibile. Perché, per anni, le giunte comunali di Torino, e non solo di Torino, hanno trattato con ogni sorta di delinquenti. Occupavi un alloggio abusivamente? Potevi stare tranquillamente per anni nell’appartamento di una persona onesta che si ritrovava per strada. Poi, con calma, ti chiedevano gentilmente di trasferirti in un alloggio che la giunta comunale ti procurava passando davanti a tutti coloro che avevano diritto all’abitazione ma che erano stati così stupidi da fidarsi delle istituzioni.
Spacciavi droga? Si evitava accuratamente di penalizzare la tua nobile attività, ignorando morti e proteste di chi abitava nella zona. Poi, quando la situazione si faceva eccessivamente pesante, ti chiedevano educatamente di spostarti in un altro quartiere. E lo stesso vale per i ricettatori che rivendono il bottino dei furti nell’indifferenza generale.
Era inevitabile che le reazioni alla rapina fossero, dunque, improntate alla soddisfazione popolare. Ciò significa, però, che lo scollamento tra istituzioni e sudditi diventa sempre più netto. Non c’entra il populismo, è solo rabbia più che giustificata da parte di chi viene sistematicamente escluso, penalizzato, mortificato. E che, per ora, si accontenta di gioire per le disgrazie di chi lo ha umiliato.