Giusto un anno fa, a Montagnaga di Pinè, nel corso dell’annuale WKS de “Il Nodo di Gordio”, Riccardo Migliori – presidente emerito dell’OSCE – ha utilizzato, per la prima volta, una espressione estremamente suggestiva. E incisiva. “I Signori degli angoli vuoti”.
Ovvero di coloro che sanno approfittare dei “vuoti”, degli angoli incontrollati dello scacchiere geopolitico mondiale, per espandere la loro influenza. Il loro potere.
E il primo di questi Signori era, ovviamente, il presidente turco Erdogan. Lo era allora, e lo è, ancor di più, oggi.
Abilissimo, spregiudicato, autoritario, ma, al contempo, autorevole. Capace di giostrarsi, all’interno, tra violente pulsioni nazionaliste, rinascenze dell’islamismo politico, attrazione dei ceti emergenti per i modelli di sviluppo occidentale .
E di giocare su più tavoli a livello internazionale. Facendo pesare la Turchia molto più di quella che è la sua forza effettiva.
Il personaggio è, naturalmente, molto discusso. Facilmente (troppo facilmente) lo si accusa di essere un Sultano, un tiranno orientale, un despota. Ma la Turchia resta, pur sempre, una democrazia. Con un potere esecutivo forte, certo, concentrato nelle mani del Presidente. E, tuttavia, se si è intellettualmente onesti, si deve riconoscere che i poteri di Erdogan non sono, poi, tanto diversi da quelli del suo collega statunitense.
Comunque, l’abilità di Erdogan sta nel cogliere gli spazi di azione autonoma in uno scacchiere geopolitico sempre più confuso. Gli angoli vuoti, appunto.
Lo si è visto in Siria. La sua capacità di inserirsi nel conflitto contro Assad dalla parte dei ribelli, essenzialmente sunniti e foraggiati da Qatar e Sauditi. Ma utilizzare questo intervento per regolare i conti con l’YPG curdo alleato del PKK che opera in Turchia.
E, nonostante le tensioni e gli scontri, mantenere un canale di comunicazione con i russi, che appoggiano Damasco.
Lo si è visto in Libia. Dove ha saputo destreggiarsi fra Tripoli e Bengasi. E, soprattutto, tra i loro, potenti, sponsor. Da un lato Washington e la maggioranza dei paesi europei, Italia (a rimorchio) compresa. Dall’altro Parigi. E Mosca a sparigliare le carte.
E lo si vede soprattutto ora, con la crisi Ucraina. Che è, di fatto, un conflitto tra la Russia e la NATO. E la Turchia è parte della NATO. Anzi, rappresenta la seconda potenza per armamento convenzionale della Alleanza. E il baluardo che blocca a Mosca l’accesso al Mediterraneo.
Però, sin dall’inizio del conflitto, Erdogan ha giocato in proprio. Maestro di cerchiobottismo. Signore degli angoli vuoti.
Gioca abilmente sui due tavoli. E questo gli ha permesso di proporsi come mediatore di pace. Il veto di Washington non gli ha permesso di realizzare una tregua, ma ha comunque ottenuto un accordo sulle esportazioni del grano dal Mar Nero. Fondamentali per i paesi del Maghreb e dell’Africa in genere. Che sono tra gli obiettivi del progetto neo-ottomano di Erdogan.
L’aver, recentemente, rilasciati alcuni comandanti dell’Azov, ha creato attrito con Mosca. Ma è un atto più superficiale che sostanziale. La Turchia resta per il Cremlino un partner commerciale fondamentale. E il tacito accordo con Ankara garantisce Mosca dal rischio di una flotta NATO nel Mar Nero. Che farebbe deflagrare un conflitto di proporzioni difficili da immaginare.
La mossa di Erdogan ha, probabilmente, lo scopo di rilassare le relazioni con Washington, che si erano fatte sempre più tese. Non ha alcuna influenza concreta sul conflitto. E l’industria turca potrà, nonostante le dichiarazioni di questi giorni, continuare a ricevere le materie prime e, soprattutto, il gas russo. Di cui ha necessità vitale.
Ancora una volta Erdogan si è mosso sfruttando le tensioni tra i colossi rivali. Ed andando a riempire angoli dello scacchiere geopolitico che questi hanno trascurato.
Gli, ormai famosi, angoli vuoti, appunto.