Carnevale è alle porte. Di fatto è già qui, anche se, per arrivare al suo culmine dovremo aspettare l’ultima settimana di Febbraio…
Lo hai già detto, prontamente chioserà qualcuno. Sono giorni e giorni che meni il torrone con ‘sta storia del Carnevale, maschere, tradizioni ecc .. . Ma che? Sei proprio a corto di argomenti?
In qualche modo questo qualcuno (magari il Direttore) tutti i torti non ce li avrebbe proprio. Con le classi in DAD, l’azzeramento dei rapporti sociali, il disgusto crescente per ciò che vedo e sento…beh, diventa quasi inevitabile cercare argomenti altrove. Nel gioco della memoria. O nel regno della fantasia. Sempre che di fantasia ne resti ancora qualcosa, e non sia stata ormai tutta divorata dal Nulla che avanza. Come nella Storia Infinita di Michael Ende…
Tuttavia non è questo il caso. Non il caso di questo pezzo che sto buttando giù alla bell’e meglio quando ancora l’alba appare assai lontana. Insonnia, la chiamano. Ma è, al solito definizione troppo generica. Che racchiude molte, troppe cose distanti e diverse. Per semplificare dalle meditazioni esistenziali di Cioran, alla cattiva digestione del crapulone che ha abusato di vini e cibarie… Entrambi non dormono. Ma dire che è la stessa cosa, usare la stessa parola, insonnia, mi sembra proprio una forzatura.
Comunque, ieri sera sono andato a letto abbastanza presto. Ma, a differenza del solito, ho stentato a spegnere il cervello e addormentarmi di colpo. Troppi pensieri… o meglio troppo rimestare in me di emozioni e sentimenti contraddittori. Di cui – anticipo la battuta hel Direttore – non frega niente a nessuno. Giustamente. Tant’è che non ho alcuna intenzione di parlarne.
Ho preso sonno, infine. Ma mi sono destato dopo poco. L’orologio segnava le tre. E mi sono alzato. Maledicendo, come il biblico Giobbe, il mio giorno. Tanto avevo capito che il sonno se ne era tornato a casa sua. Forse in quella misteriosa isola del profondo Occidente dove, secondo il mito greco, Ipnos, il sonno appunto, dimora con suo fratello. Thanatòs. La Morte…
Quindi, tanto valeva alzarsi. Se c’è una cosa che mai ho sopportato è stare lì, a rigirarmi nel letto, senza costrutto.
Primo caffè. E ti credo che poi non dormi, mi si dirà. Quanti caffè ti bevi al giorno?
Tanti, troppi. Ma, in generale, non mi impediscono di dormire. E con questo risveglio, con questa, diciamo così, insonnia, non hanno certamente nulla a che fare…
Primo caffè e, inevitabile, sigaretta. Per la pipa, a quest’ora antelucana, mi è sembrato decisamente troppo presto.
Do da mangiare ai gatti. Non importa l’ora, non appena mi alzo, me li ritrovo tutti e tre lì, schierati. In vigile attesa… E se non cambio l’acqua, e riempio di croccantini le ciotole, comincia il concerto a tre voci. E non è proprio il caso…mio figlio, grazie a Dio, dorme della grossa. E non mi pare proprio il caso che lo sveglino. Qualche ora di tregua è necessaria anche a me…
Divano. Seconda tazza di caffè. Perché, sia chiaro, io lo bevo a tazze, non tazzine. Nero, forte e senza zucchero. E seconda sigaretta. Prendo lo smartphone e comincio a scorrere, torpido, notizie e chat. Si, anche chat. Non sono l’unico insonne. E mi domando, oziosamente, perché altri siano svegli… domanda sostanzialmente stupida. Non saprei neppure dire perché io sono sveglio…
Le chat non mi dicono nulla di interessante. Le notizie… Sembra che la guerra sia vicina. Russi e Americani ai ferri corti per l’Ucraina. Ma anche questa non è, poi, una novità… Se ne parla da tanto. E siamo sempre lì. Stallo. Anche se, prima o poi, dovrà scoppiare…
Per il resto, soprattutto Covid, pandemia, virus, regole, DPCM…palle! Qualcuno parla della, imminente, elezione per il Colle. Un toto nomi. Anche questo, però, non mi appassiona. Non in questo momento.
Così metto giù il cellulare e…mi sento, improvvisamente, solo. Tremendamente, solo. Peggio che se fossi disperso in un deserto senza vita. Un deserto di ghiaccio e silenzio.
Vero…ho mio figlio. I tre gatti. Alcuni amici autentici, purtroppo praticamente tutti lontani. Però in questo momento, mi sento…solo. Una solitudine assoluta. E, per dirla, come spesso faccio con Leopardi, per poco il cor non si spaura. ..
Penso. O meglio, rimugino, rimesto in quella specie di intestino che è il cervello – come lo chiamava il mio vecchio amico Franco tanti anni fa, ai tempi dell’Università, a Trieste – un insieme confuso di emozioni, ricordi, sensazioni…. Rabbia, frustrazione, insoddisfazione. Delusione, soprattutto. Non è una novità, certo, ma oggi… Comunque mi sento un poco come l’Emilio Brentani di Svevo. L’autore in cui più mi specchio, in momenti come questo. Quello che meno di tutti concede alla sincerità degli esseri umani. Il più cinico se vogliamo… Però Emilio ha poco più di trent’anni. Io abbondantemente il doppio. Qui la Senilità non è più uno stato dell’anima. È un dato di fatto. Da accettare, forse… anche se poi mi torna in mente Goethe e la sua Elegia di Marienbad… Ha sempre il potere di risollevare il mio umore .
Sta solfa va, comunque, avanti per un po’. Fumo tre o quattro sigarette. Una di fila all’altra. Tanto…Per altro uno studio francese sostiene che i tobagisti siano sostanzialmente immunizzati dal Covid… muoiono di malattie meno alla moda…
Poi…poi accade un fatto abbastanza strano. Dico abbastanza perché non mi è del tutto nuovo. L’ ho già sperimentato in passato. Ma di rado. E in tempi lontani. Tanto che quasi non me lo ricordavo.
Dentro di me si risveglia…qualcosa. Un qualcosa di profondamente diverso. Pesante, oscuro, indifferente. Sono sempre io, naturalmente. O meglio, fa parte di quel complesso che siamo usi credere essere il nostro Io. Ma qui si dovrebbe aprire una parentesi sulle dottrine buddhiste. O sugli insegnamenti di don Juan, lo stregone di Castaneda. Che però c’entrano poco. E non mi interessa.
Questo lato oscuro è lì. Guarda il rimestio dei miei stati d’animo. I miei tormenti, potrei dire, giocando al giovane Werther fuori tempo massimo.
Li guarda come altri da sé. E comincia…a ridere.
Una strana, profonda allegria mi pervade.
Come dicevo, è iniziato il Carnevale.