Aldo Moro andava in spiaggia vestito, con la giacca… al massimo si concedeva il lusso di non mettere la cravatta. Andreotti, che mi risulti, in spiaggia non andava proprio. Le sue rare vacanze erano tra i monti del Cadore. A Cortina. Ospite dalle suore orsoline.
Craxi andava in spiaggia, e faceva il bagno. Ma non ricordo che mai sia comparso in costume a rilasciare pubbliche dichiarazioni politiche. E non parliamo di Almirante o Berlinguer…
Non sto parlando di politica. Ma di Stile. Si possono avere tutte le opinioni, anche le peggiori, sui personaggi che ho citato. Molti dei quali io stesso non ho mai amato, e spesso criticato. Anche con ferocia. Tuttavia una cosa va loro riconosciuta: avevano stile. E, parimenti, coscienza del ruolo che rivestivano. Nonché della dignità che richiedeva.
Questioni di forma, si dirà. Vero. Però la forma è espressione di qualcosa di più profondo. E lo stile non è il “look” oggi tanto citato, imitato. Il look è solo fumo negli occhi. Superficiale e, perlopiù volgare. Lo stile esprime, bene o male, un mondo interiore.
I miei, ormai antichi, insegnanti entravano in classe rigorosamente in giacca e cravatta. Non in canotta e pantaloni corti, come oggi, purtroppo sempre più spesso, accade. Era rispetto del loro ruolo. E, prima ancora, di loro stessi. Nonché la coscienza, più o meno chiara, che non si insegna solo con le parole. Ma anche con i gesti, e la presenza.
Gianfranco Miglio – una delle più lucide e affilate menti della filosofia politica contemporanea – attribuiva grande importanza allo Stile. E considerava gravi e particolarmente perniciosi gli “errori” in tale ambito.
Perché la perdita di Stile, la trascuratezza formale non è indice dell’essere più popolari, alla mano. Democratici. È solo la spia di una miseria interiore. E della incapacità di dare il giusto valore alle cose.
Il falso mito dell’uno vale uno, la pretesa che chiunque, senza studi o capacità alcuna, possa rivestire qualsivoglia ruolo, è una delle tabe del nostro tempo. Un Ministro degli Esteri in spiaggia, in costume da bagno, tutto abbronzato e ridente, può parlare del gusto del gelato che sta per ordinare. Non della crisi afghana.
In primo luogo non dovrebbe essere lì. Ma al Ministero, nel studio. Come, certo , stanno facendo i suoi colleghi in tutto il mondo. Da Washington al Burkina Faso.
È uno spettacolo indegno di una Repubblica da operetta. O, se preferite, delle banane. Come, per inciso, lo è stato il 6 agosto scorso, quello di un Governo che si prolunga sino a dicembre lo stato d’emergenza, emette un editto liberticida, di fatto sospende la Costituzione e poi… va in ferie. Con tutto il parlamento, anche la, cosiddetta , opposizione. Felici e garruli cantando: tutti al mare, tutti al mare, a mostrar le chiappe chiare…
Mi si potrà dire che, tanto, anche se Di Maio fosse tornato di corsa alla Farnesina, l’Italia, in questa situazione avrebbe comunque contato come il due di coppe. Quando la briscola sta a bastoni. E invece il ragionamento andrebbe capovolto. L’Italia non conta nulla, anzi è lo zimbello della scena internazionale perché abbiamo questa classe politica. Che se ne sta beatamente al sole, mentre si decidono gli equilibri del mondo.
Poi, naturalmente, sarebbe utile riflettere sulla massima attribuita a Platone. Ciascun popolo ha il governo che si merita…
1 commento
Platone ha ancora ragione, ciascun popolo ha il governo che si merita.
In Italia abbiamo degli ignoranti ed incapaci al Governo, perché tanti ignoranti ed incapaci hanno votato i partiti che sono composti unicamente da persone che non hanno mai lavorato, totalmente incompetenti e quindi adesso ne paghiamo le gravi conseguenze.
Se la scuola formasse avremmo una classe politica che saprebbe affrontare i problemi !!!
Certi partiti vedi 5 STELLE e PD non avrebbero raccolto tanti voti se la popolazione fosse stata capace di riflettere.
Occorre comprendere che un ignorante senza esperienza, non può fare il ministro degli Esteri !!!