Da settimane i media non fanno altro che parlare della legge di bilancio del 2019 che sta per essere presentata alle Camere da parte del Governo, e del cosiddetto “superamento della Legge Fornero” che ne costituirebbe una delle parti centrali.
In altre parole la “Quota 100” è diventata uno dei cavalli di battaglia dell’esecutivo Conte e della maggioranza giallo-verde.
In merito ci sembra che le idee non siano proprio chiarissime, dal momento che persino gli esperti in materia fiscale forniscono sull’argomento versioni discordanti.
Innanzitutto va detto che la Legge Fornero non sarà affatto abolita ma, appunto, “superata”. Il che significa che resterà in vigore. Tuttavia chi, a partire dal prossimo febbraio, vorrà anticipare il pensionamento dovrà avere “almeno” (si badi bene: ALMENO!) 62 anni di età e 38 anni di contributi: 62+38=100.
E ciò varrà solo per gli uomini, perché per le donne varrebbe l’Opzione Donna, 57 o 58 anni di età e 35 anni di contributi.
Ciò che non risulta affatto chiaro è quale sarà la penalizzazione di coloro che sceglieranno questa opzione. In pratica quanto percepirà in meno chi deciderà di non andare in pensione a 67 anni di età come prevede la “Fornero”. Ciò che sembra certo è che una riduzione ci sarà, la quale si andrà ad aggiungere a quella già stabilita per quasi tutti i profili previsti dalla legge vigente.
Intanto si sa che coloro che decideranno di anticipare la loro uscita dal lavoro non potranno svolgere altre attività. Soluzione più che condivisibile, non fosse che i controlli saranno estremamente difficoltosi e, forse, addirittura più onerosi rispetto alla situazione attuale, per la quale non sono previsti vincoli.
Si calcola anche che le persone coinvolte potrebbero essere circa 400mila.
Ma se fosse vero, come sostengono diversi analisti, che l’anticipo comporterebbe una significativa riduzione dell’assegno pensionistico, non è detto che tutti gli aventi diritto si precipiterebbero a richiederlo.
Ciò fa sì che il calcolo dei costi complessivi, al momento, risulti pressoché impossibile. Il Governo parla di 7 miliardi all’anno; l’INPS di 120 miliardi in quattro anni. Cifre troppo distanti per risultare attendibili.
Per di più occorre che la legge approdi in Parlamento, dove potrebbe anche essere emendata, e in seguito sarà necessario dare tempo allo stesso Istituto di Previdenza Sociale per emanare le circolari applicative che dovranno dire come materialmente gli aspiranti pensionati dovranno comportarsi.
Ma visto che la prima “finestra” si aprirà presumibilmente a febbraio 2019 (come previsto nel DEF) le domande partiranno non prima di aprile e saranno prese in considerazione solo in seguito.
In tal modo non si potranno fare conti precisi prima della metà del prossimo anno. Di conseguenza tutta la discussione a livello politico che si svolge in questi giorni si fonda soltanto su un variegato insieme di ipotesi e supposizioni.
D’altra parte, fateci caso: tutti, politici, economisti ed esperti di varia natura, sono concordi su una cosa sola: l’uso del condizionale.