I negoziatori delle tre istituzioni europee, Consiglio, Parlamento e Commissione, hanno approvato le regole di finanziamento delle risorse del Recovery Fund, il piano per il rilancio economico dell’Europa post-covid19. Lo strumento vale in tutto 672,5 miliardi, di cui quasi 209 per l’Italia tra sussidi a fondo perduto e prestiti (rispettivamente 81,4 e 127,4). Bruxelles ha dato via libera alla possibilità di ottenere prefinanziamenti – una prima tranche di aiuti, aumentati a 21 mld- già a febbraio 2021. La partita si gioca ora sul piano nazionale, dove l’Italia e i Paesi membri – tra frizioni interne e burocrazia – dovranno definire i programmi di spesa e ricevere l’ok comunitario.
Con l’accordo a tre, che dovrà essere approvato dalla plenaria del parlamento e dal Consiglio europeo, l’Ue si accinge a terminare, dopo mesi di negoziati, la stesura di tutte le norme riguardanti l’erogazione dei fondi del Piano per la ripresa, nucleo della più ampia iniziativa di rilancio NextGeneration EU.
I primi soldi disponibili, nelle intenzioni comunitarie, saranno quelli previsti dal programma React-EU, fresco di approvazione dall’Aula di Strasburgo con ampia convergenza politica. Fornirà finanziamenti aggiuntivi destinati alle regioni, in particolare per sostenere l’occupazione, gli investimenti delle PMI e i programmi di cassa integrazione, inclusi – si legge nel testo – i lavoratori autonomi.
“Siamo soddisfatti dell’accordo raggiunto dalle tre istituzioni comunitarie – dichiara il vicepresidente della Commissione europea Valdis Dombrovskis. Agli Stati membri ora il compito di stilare i piani nazionali per accedere a questi finanziamenti senza precedenti”. Insomma, la palla passa nelle mani delle capitali.

Da Roma – fanno sapere a Bruxelles – è giunta una bozza di programma. Bozza su cui il premier Giuseppe Conte prova a fare chiarezza: “Non sarà una cattedrale sulla carta – avverte –, abbiamo incentrato le misure sulle sei missioni in linea con le priorità dell’Unione europea: digitalizzazione; rivoluzione verde; istruzione; parità di genere; coesione territoriale; salute”.
Tuttavia, sui dettagli operativi del piano nazionale si sa ancora poco e pesano le frizioni interne alla maggioranza. Matteo Renzi, leader di Italia Viva, dalle colonne dello spagnolo El Pais critica Conte sulla governance dei fondi europei, reo – secondo l’ex sindaco di Firenze – di accentrarne troppo su di sé la gestione e i rapporti con Bruxelles. Insomma, d’accordo sugli obiettivi del piano, meno sulle misure reali e sulle modalità esecutive, essenziali per trasformare le risorse europee in specifici progetti di rilancio.
Situazione non troppo diversa negli altri Paesi membri, anche se Francia, Portogallo, Spagna e Germania sono più avanti nella tabella di marcia, ed hanno reso pubblici tutti i contenuti delle bozze presentate all’esecutivo comunitario.
Per Palazzo Chigi la matassa è difficile da sbrogliare: i programmi richiedono una contrattazione a più livelli, dagli enti locali a Montecitorio. Ad oggi, il governo italiano non è formalmente in ritardo rispetto alla data ultima per la presentazione dei progetti, il 31 aprile 2021; ma la partita a Bruxelles è quasi conclusa mentre a Roma è appena cominciata.
Non solo: con la nuova possibilità di usufruire delle risorse a febbraio, i tempi per definire i programmi nazionali si restringono e ulteriori rallentamenti potrebbero costare caro.