“I nostri elettori non sono andati a votare”. Marine Le Pen giustifica così il risultato per nulla entusiasmante del suo Rassemblement national al primo turno delle regionali in Francia. Il partito di Marine chiude al 19,3%, otto punti in meno rispetto ai neogollisti riuniti sotto la sigla Les Républicains. I socialisti ed alleati sono al 17,6% mentre il blocco ecologista si ferma al 12,5%. Male il partito di Macron che non va oltre l’11,2%, e crolla la sinistra di France Insoumise con poco più del 4%.

Ma il risultato più evidente è la diserzione delle urne non solo dei sostenitori della destra estrema ma di tutti i francesi. Però l’astensionismo, indicato come una dimostrazione di sfiducia di massa in Iran tanto da inficiare le elezioni, è indicato come un problema quasi normale in Francia.
L’alibi utilizzato da Marine Le Pen non è però convincente. Perché se i suoi seguaci non si sono recati ai seggi, significa che la presa di Marine sul suo elettorato non è granché. Troppi cambiamenti di rotta, di nome, di ideologia. Ha confuso la destra nel tentativo di modernizzarla. Forse perché il tentativo è stato condotto male. Ed è vero che le elezioni regionali hanno caratteristiche differenti rispetto alle presidenziali del prossimo anno. Ma essere indietro di 8 punti rispetto ai gollisti privi di un leader carismatico non rappresenta un motivo di ottimismo in vista delle presidenziali.

I gollisti, inoltre, in alcuni casi hanno stretto accordi con En Marche, il partito di Macron. Un sostegno che potrebbe essere particolarmente utile in vista del secondo turno ma anche nella prospettiva delle presidenziali.
A prima vista le destre (LR e RN) hanno quasi il 50% ma un’alleanza appare tutt’altro che probabile. Più facili, o meno difficili, sembrano gli accordi a sinistra, con Macron ridotto a fare l’ago della bilancia.