C’erano una volta i Remigini. Ovvero i bambini al primo giorno del primo anno di scuola elementare. Che, appunto, nel Calendario Romano prevedeva la memoria di San Remigio. Dico prevedeva perché così era nel rito Tridentino. Poi la Chiesa attuale ne ha spostato la festa al 13 Gennaio. Per quale ragione sinceramente non saprei dire, visto che questa è solo la data ipotetica della morte, mentre il primo di ottobre è, forse, l’unica data certa nella vita del Vescovo franco di Reims che ebbe il non piccolo merito di convertire re Clodoveo. Fatto che ebbe non poche importanti ricadute sulla storia d’Europa. Anche se, a quanto sembra, il vero artefice della conversione sarebbe stata la regina Clotilde….sempre così. Sempre una donna….
Comunque il 1 ottobre le spoglie di Remigio furono traslate nella chiesa di Roma dove, come si suol dire, riposa. E dorme il suo Lungo Sonno. E scusate la citazione di Chandler…. ma mi piace troppo.
Però, un tempo ormai sempre più lontano, il primo d’ottobre aprivano le scuole. Di ogni ordine e grado. In tutta Italia. Perché, allora, l’istruzione era nazionale e pubblica. Non come adesso che ogni regione si fa il suo calendario. E finisce che nessuno ci capisce più niente. E che si perde la vecchia poesia del primo giorno di scuola. Per altro subito dopo, il 4, era San Francesco. Che è Patrono d’Italia, anche se, praticamente, non se lo ricorda più nessuno. Manco i preti. E quindi, era festa nazionale. E si stava a casa.
Beh, ma allora di scuola ne facevate poca…. potrebbe dire qualche ragazzo d’oggi.
Come numero di giorni certo. Avevamo una serie di feste laiche e religiose. Ad esempio il lungo ponte dei Morti. Che prendeva dentro il 4 Novembre. Ovvero l’anniversario della Vittoria.
Quale vittoria?
Già, ora mica più si studia sta roba. Anzi… Solo parlarne è politicamente scorretto. Da Guerrafondai. O peggio.
Però, nella sua non proprio lunga storia unitaria, il nostro paese di guerre vere una ne ha vinta una sola, anche se, poi, ci continuiamo a narrare delle pietose menzogne…
Una. La Grande Guerra. Quella del ’15 e’ 18, che il bisnonno Francesco si fece sull’Isonzo. Portandosi dietro per il resto della sua lunga vita una gamba azzoppata. E uno shrapnel in gola che lo aveva reso un po’ troppo sensible al vino. Così, dopo solo un bicchiere, o si metteva a cantare con voce da basso. O litigava di brutto con la bisnonna. Che lo chiudeva fuori casa.
Era però quella l’unica guerra vinta. E mi parrebbe giusto che se ne celebrasse la memoria. E invece…
Facciamo molti più giorni di scuola oggi, certo. Però solo sulla carta. Perché di scuola vera se ne fa davvero poca. O meglio, se ne faceva sino ad un paio d’anni fa. Perché oggi c’è la meravigliosa DAD. E i banchi a rotelle…
Ma torniamo ai remigini. Erano i piccoli di prima. Rigorosamente col grembiule. Tutti vestiti uguali. Con la divisa e i colori della scuola.. Grembiuli neri, blu, più raramente bianchi. E il fiocco rosso per le bambine. Azzurro per i maschi. Tutti uguali. Perché a scuola non si doveva vedere la differenza sociale. Non ci doveva essere l’invidia per quello che poteva esibire vestiti firmati. Nell’istruzione tutti dovevano sentirsi alla pari.
Idee vecchie. Stantie. Reazionarie.
Erano belli i remigini il primo giorno di scuola. Sciamavano allegri con le loro cartelle. Gli zainetti firmati non esistevano. Cartelle per lo più marroni o verde oliva. Si facevano dispetti. Inventavano giochi e mondi con un niente. Ci davano… Un senso di speranza per il futuro.
Due giorni fa, mentre accompagnavo mio figlio al primo giorno di scuola (lui ormai è alle Medie), sono passato davanti all’elementare vicina. E ho visto…I discendenti dei remigini.
Vestiti nei modi più diversi. Ma tutti in fila distanziati. Con la mascherina sul volto.
Mi è venuto un groppo in gola.